sabato 8 maggio 2010

Rivolta degli immigrati a Rosarno: 30 arresti per associazione a delinquere per violazione della tutela del lavoro


Liberazione.it in data: 26/04/2010
 E' in corso a Rosarno l'esecuzione di una trentina di ordinanze di custodia cautelare in carcere per associazione a delinquere finalizzata all'immigrazione clandestina, alla violazione della tutela del lavoro subordinato ed alla truffa ai danni di enti pubblici. L'indagine ha avuto come punto di partenza la rivolta degli immigrati dello scorso anno con la polizia di Stato che ha cercato di capire il motivo di quella sommossa. È stata quindi individuata l'organizzazione che si occupava di reclutare e sfruttare i lavoratori stranieri impiegati nel settore dell’agricoltura. Tra i destinatari dei provvedimenti restrittivi ci sono caporali, intermediari, nordafricani e proprietari terrieri. La rivolta del gennaio scorso fu causata proprio dallo sfruttamento e dalle condizioni inique in cui erano costretti a lavorare i migranti. Gli immigrati, inoltre, hanno subito anche ripetute minacce. «Una buona notizia» l'arresto a Rosarno di trenta 'caporali' e il sequestro di beni per un valore di 10 milioni di euro, dice Keita, uno della diaspora romana dei braccianti africani di Rosarno costretti a lasciare la Calabria dopo gli scontri dello scorso gennaio . «Sono contento che la magistratura alla fine ha accertato che lavoravamo in condizioni di sfruttamento». Con Keita sono circa cinquanta, soltanto 
uomini, sono alloggiati in un centro sociale sulla via Prestina e sono riusciti a trasformare la disperazione iniziale in
volonta' di continuare a rivendicare i loro diritti. Hanno creato l'Associazione dei lavoratori africani di Rosarno (Alar).
Dicono di essere delusi dai sindacati confederali. "Rosarno e' stata una tragedia per noi e diciamo: «Mai
piu'!'. Alar sara' la nostra sigla di lotta!» ha detto all'agenzia di stampa Agi uno dei fondatori dell'associazione, un ivoriano ventinovenne che si chiama Kader. La partenza da Rosarno la ricordano come una "deportazione". Ma non vogliono piu' essere compatiti. «La compassione ci ha aiutato, ma ora non basta. Abbiamo capito che solo impegnando noi stessi possiamo andare avanti», ha proseguito Kader. Trascorsi quasi tre mesi, la loro condizione di precarieta' assoluta, in questo centro sociale, sta lentamente cambiando: i locali spogli e sporchi hanno assunto l'aspetto di stanze. Sono aiutati da un'associazione romana contro il razzismo. Riuniti in assemblea, come ogni
domenica, discutono strategie, valutano il seguito che hanno avuto i loro comunicati. Il dibattito va avanti tutto il
pomeriggio e ognuno discute nella propria lingua. Allora si passa a una traduzione prima in francese poi in bambara, wolof e malinke. Sono le lingue dell'Africa occidentale, dal Senegal alla Costa d'Avorio. «E' fondamentale che tutti partecipino alla discussionee - sottolinea Sadia dell'associazione '6 antirazzista' e per l'occasione interprete. Racconta la sua esperienza di militante e dice che Alar le permette di dare un senso a una rabbia profonda: «La tragedia di Rosarno ha traumatizzato molti di noi. Ci impegnamo in un modo così deciso anche perche' speriamo che il nostro dramma serva a cambiare le cose per tutti. Alcuni di loro sono anche tornati a Rosarno, qualche giorno dopo gli scontri. L'Alar di Roma si sta trasformando in un centro di formazione sui diritti e vi transitano molti stagionali di Rosarno che poi tornano 'a casa' con una nuova consapevolezza e coscienza. L'associazione ha anche il sostegno di
alcuni produttori indipendenti dell'Italia meridionale, pronti ad accogliere questi lavoratori, pagare uno stipendio regolare e condizioni dignitose.

«Quello che vorremmo fare capire ai piccoli produttori indipendenti e' che a Rosarno si e' consumata una guerra tra poveri. Noi e loro abbiamo in comune l'essere sfruttati dalla grande distribuzione e dalle organizzazioni criminali mafiose che costringono a produrre a costi sempre piu' bassi. Lo sfruttamento inizia qua», spiega un esponente di '6 Antirazzista'. I lavoratori raccontano che erano pagati 25 euro al giorno per 10 ore di lavoro nei frutteti.
Alar oltre a fare proposte ne riceve. Un sacerdote di Siracusa ha avuto l'idea di fondare insieme una cooperativa di
lavoratori stranieri. Un modo per garantire l'autogestione e prevenire abusi e sopraffazioni. E non e' detto che presto
l'idea non si trasformi in progetto. Tuttavia la battaglia principale combattuta dall'organizzazione e' sul fronte dei
documenti. «Abbiamo il diritto al permesso di soggiorno umanitario perche' siamo doppiamente rifugiati - osserva Kader,regolare da un anno - prima in fuga dal nostro Paese d'origine in cui la situazione sociale ed economica non ci permette di vivere, poi da Rosarno dove siamo stati cacciati». A febbario e a marzo, banderuole e megafono alla mano, i migranti di Alar hanno manifestato piu' volte davanti alla Prefettura di Roma per chiedere un incontro con il Prefetto, Giuseppe Pecoraro. Per il momento il governo italiano ha riconosciuto il titolo provvisorio solo a undici di loro che erano stati feriti durante gli scontri. L'Alar si batte per tutti gli altri che rimangono nell'illegalità. «A Rosarno
eravamo sessanta e la maggior parte ha avuto paura di andare all'ospedale. Ora non sono riconosciuti come vittime e questo e' ingiusto. I grandi hangar in cui gli stagionali dormivano vicino ai campi sono stati chiusi dopo gli
scontri", spiega Beppe responsabile di un'associazione calabrese, "ora sono costretti a vivere in case abbandonate,
lontano dalla citta', senza acqua ne' luce". Ma all'Alar di Roma soffia un vento nuovo. "Anche se il nostro sogno di
giustizia e' troppo grande per diventare realta'", conclude Kader, "sono convinto che se restiamo uniti riusciremo a far
valere i nostri diritti. Non dobbiamo piu' avere paura di reclamare il diritto di essere pagati per il nostro lavoro e di
vivere in modo decoroso. Si deve rompere il circolo vizioso che oggi vede la maggior parte degli stagionali accettare stipendi da fame e qualsiasi condizione". (AGI)


www.liberazione.it in data: 26/04/2010

Nessun commento:

Posta un commento