Di Paolo Gerbaudo. Fonte: il manifesto 31 - 03 - 2010
LONDRA. Il governo britannico «deve imparare la lezione» di fronte all'evidenza dell'utilizzo di armamenti «made in the UK» nell'operazione «Piombo fuso» lanciata dall'esercito israeliano contro Gaza nel dicembre 2008. A chiederlo è la commissione parlamentare per il controllo all'esportazione di armi che in una relazione presentata ieri ai Commons ha criticato pesantemente il governo per aver violato la promessa che armi britanniche vendute ad Israele non sarebbero mai state usate contro i palestinesi.
A seguito di mesi di audizioni, la commissione di inchiesta ha stabilito che ogni anno il Regno unito vende ad Israele commesse d'armi per un valore tra 10 e 30 milioni di sterline. 28 milioni di sterline di armamenti furono venduti nel solo 2008, anno dell'attacco a Gaza. Di fronte all'indignazione provocata dall'operazione israeliana, il governo britannico ha revocato cinque commesse di armi. Ma secondo la commissione «ora il governo deve prendere provvedimenti a lungo termine».
Tra gli armamenti britannici che riforniscono l'arsenale di uno degli eserciti più potenti al mondo figurano apparecchiature ad alta tecnologia per i caccia F16, gli elicotteri Apache e i carri armati Merkava, equipaggiamenti per le comunicazioni, per la teleguida dei missili e pure i display elettronici incorporati negli elmetti dei soldati di Israele. Tra le imprese fornitrici spicca l'aerospaziale Bae Systems, che fino a qualche anno fa produceva pure componenti per le bombe a grappolo ed è recentemente finita sotto inchiesta per una tangente da 2 miliardi di sterline versata alle autorità saudite per ottenere una commessa da 80 miliardi di sterline in armamenti.
I nuovi controlli chiesti dalla commissione non sono sufficienti, secondo la Campaign Against Arms Trade che lotta contro il traffico di armi. «È impossibile assicurare che le armi vendute in Israele non siano utilizzate nei territori occupati». L'unica soluzione è «un embargo totale all'esportazione di armi verso Israele».
LONDRA. Il governo britannico «deve imparare la lezione» di fronte all'evidenza dell'utilizzo di armamenti «made in the UK» nell'operazione «Piombo fuso» lanciata dall'esercito israeliano contro Gaza nel dicembre 2008. A chiederlo è la commissione parlamentare per il controllo all'esportazione di armi che in una relazione presentata ieri ai Commons ha criticato pesantemente il governo per aver violato la promessa che armi britanniche vendute ad Israele non sarebbero mai state usate contro i palestinesi.
A seguito di mesi di audizioni, la commissione di inchiesta ha stabilito che ogni anno il Regno unito vende ad Israele commesse d'armi per un valore tra 10 e 30 milioni di sterline. 28 milioni di sterline di armamenti furono venduti nel solo 2008, anno dell'attacco a Gaza. Di fronte all'indignazione provocata dall'operazione israeliana, il governo britannico ha revocato cinque commesse di armi. Ma secondo la commissione «ora il governo deve prendere provvedimenti a lungo termine».
Tra gli armamenti britannici che riforniscono l'arsenale di uno degli eserciti più potenti al mondo figurano apparecchiature ad alta tecnologia per i caccia F16, gli elicotteri Apache e i carri armati Merkava, equipaggiamenti per le comunicazioni, per la teleguida dei missili e pure i display elettronici incorporati negli elmetti dei soldati di Israele. Tra le imprese fornitrici spicca l'aerospaziale Bae Systems, che fino a qualche anno fa produceva pure componenti per le bombe a grappolo ed è recentemente finita sotto inchiesta per una tangente da 2 miliardi di sterline versata alle autorità saudite per ottenere una commessa da 80 miliardi di sterline in armamenti.
I nuovi controlli chiesti dalla commissione non sono sufficienti, secondo la Campaign Against Arms Trade che lotta contro il traffico di armi. «È impossibile assicurare che le armi vendute in Israele non siano utilizzate nei territori occupati». L'unica soluzione è «un embargo totale all'esportazione di armi verso Israele».
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