Di Giulietto Chiesa – Megachip.
Giovedì 01 Aprile 2010
Non so se Ennio Remondino ha scritto il suo ultimo libro (“Niente di vero sul fronte occidentale -Da Omero a Bush, la verità sulle bugie di guerra”) per un pubblico di giornalisti, magari per provare a convincerli a fare meglio il loro mestiere; oppure se lo ha scritto per un pubblico in generale, nauseato dalla decadenza dell'informazione; oppure se ha voluto prendersi gioco dei politici che delle bugie fanno largo uso e che le bugie stimolano, producono e riproducono.
Tutti e tre sarebbero ottimi motivi, in questi tempi di bavagli e di minzolinismi.
Per quanto mi riguarda, dopo averlo letto con gusto, penso che ne sia venuto fuori un bel manuale scolastico, che aiuta i giovani e rileggere il presente e il passato da un angolo visuale inedito e spiritoso (Remondino lo è sempre, del resto).
Del resto, in una recente presentazione del libro, in uno dei Megalunedì di Megachip, al Teatro Belli di Roma, lo stesso Ennio Remondino ha “confessato” che la sua intenzione primaria era proprio stata quella di parlare ai giovani e di raccontare loro come «la guerra sia sempre stata la quintessenza della menzogna».
Esatto!
Avessi studiato io, ai miei tempi, la storia delle invasioni barbariche, della caduta dell'Impero romano, per esempio, con l'input remondinesco, credo che mi sarei divertito, imparando, mentre per come me le insegnarono, quelle cose, non le ho imparate e nemmeno mi sono divertito, restandone ignorante fino a molto maggiore età.
Quanta sofferenza inutile. Essere costretti a ingurgitare cose indigeribili (e, in quel modo e in quei termini perfino inspiegabili) quando sarebbe stato possibile nutrirsi con piacere, con le stesse cose, raccontate con maggiore libertà e minore banalità.
Penso che i ragazzi delle medie di oggi capirebbero un bel po' di cose del tempo presente se potessero leggere sui libri di testo qualche verità senza pompa, al posto di sussiegose, e false, presunte interpretazioni della storia. E anche delle leggende che la storia hanno preceduto.
E siccome, in questo modo, i ragazzi faticano a capire (e prima cosa a interessarsi) del tempo andato, ne consegue che sono condannati a non capire neppure le cose del tempo presente. Per esempio, cito a caso, se gli studenti del nord-est studiassero su questo libro e leggessero con attenzione il capitolo “Tutti siamo stati barbari”, sono sicuro che la Lega prenderebbe alle prossime elezioni (sempre che ce ne siano ancora, data l'aria che tira) meno voti di quelli che ha preso alle ultime. Oppure credo che basterebbe il capitolo “Maometto ci traduce Allah” per convincerli non solo che Borghezio è un buzzurro incolto, ma anche che la grande guerra al terrorismo internazionale, oltre a essere una delle grandi bugie del nostro tempo, è una colossale baggianata. Nella quale - lo dico per inciso, sine ira et studio – stanno morendo le ultime illusioni su Obama.
Il quale, quanto a gestire la storia dei vincitori, si è comunque rivelato migliore di George W.Bush, tant'è vero che, per il suo bel racconto edificante della guerra che lui, proprio lui, sta continuando, si è perfino preso il premio Nobel per la pace mentre continua a fare la guerra e mentre non chiude la prigione illegale di Guantanamo Bay.
Lo snello libretto di Ennio Remondino è quindi anche una efficace rassegna di luoghi comuni da smontare. E li smonta tutti ad uno ad uno.
A cominciare dalla cordiale demolizione di Ulisse. Il callido, il bugiardo per eccellenza, accomunato al suo autore, l'Omero della nostra giovinezza, che fummo costretti a imparare a memoria. «Cantaci, o Diva, del Pelide Achille, che tanti lutti addusse agli Achei...». Certo lui, Achille, agli Achei addusse lutti. Non fosse stato così capriccioso, s'intuisce, Troia sarebbe caduta ben prima.
Ma sicuramente Omero addusse, a noi, inenarrabili sofferenze, mentre dovevamo leggerlo attraverso la mediazione dell'indimenticabile (letteralmente!) Ippolito Pindemonte. Ma chi era costui?
Omero come antesignano dell’operazione – poi divenuta classica in tutte le ere successive – secondo cui la storia la scrivono i vincitori. E, quindi, essendo la “loro” storia, non gli si dovrebbe credere per principio. Mi sono chiesto solo in epoca più tarda come sarebbe venuta fuori l'Odissea se a scriverla fosse stato un cronista di Troia. Ma la domanda è oziosa. Ci sono adesso tante guerre che, sistematicamente, vengono raccontate solo da noi, noi ricchi intendo dire. E c'è una semplice ragione per questo: solo noi abbiamo gli strumenti della narrazione.
Certo tra di noi ci sarebbero quelli che possono provare a raccontarla dalla parte degli altri, degli aggrediti, degli sconfitti, ma non lo fanno quasi mai; non lo fa quasi nessuno. E quei pochi possono permetterselo solo per la parentesi di tempo necessaria prima che i detentori della narrazione ufficiale se ne accorgano.
Dopodiché i narratori, diciamo così, indipendenti, vengono semplicemente relegati ai margini del fiume del mainstream e poi eliminati e messi ad asciugare le loro stanche membra sulla riva.
E, specie dopo avere letto Remondino, più in generale, torno a chiedermi se uno dei criteri basilari dell'educazione moderna non dovrebbe essere quello di aiutare i ragazzi a non essere conformisti, subalterni, vittime della moda e della banalità del consumismo.
Insomma consiglio di leggerlo questo libro, e di farlo leggere ai figli, sottraendoli per un attimo a Facebook, ai blog sempre più insulsi. Preso come libro di testo per le scuole secondarie superiori potrebbe contribuire anche non poco all’elevamento, insieme, della cultura umanistica delle nuove generazioni (che non si vede come possano procurarsela essendo divenuti mutazione antropologica da homo videns) e della crescita della repulsione per la guerra. Perché scoprirebbero, per questa semplice via, che le bugie di guerra sono sempre indispensabili: prima per prepararla (cioè, nei tempi moderni, anche per preparare le opinioni pubbliche ad applaudirla), poi per farla (fingendo di vincerla sempre anche quando la si perde), infine per tramandarla ai posteri.
Sfortunatamente ai tempi d'oggi gli Omero scarseggiano, e bisogna accontentarsi dei Minzolini, dei Bruno Vespa, delle Moniche Maggioni, degli embedded di ogni risma. Ma per ripetere i comunicati ufficiali del Pentagono e di La Russa bastano e avanzano.
A proposito, vi siete accorti che di guerre non ce ne sono più? Per lo meno, non se ne parla più. Dunque non esistono più. Ed è dunque logico che, se non ci sono più le guerre, non occorre più neppure il movimento pacifista. Che infatti è morto. Ma non in guerra. Si è suicidato.
Giovedì 01 Aprile 2010
Non so se Ennio Remondino ha scritto il suo ultimo libro (“Niente di vero sul fronte occidentale -Da Omero a Bush, la verità sulle bugie di guerra”) per un pubblico di giornalisti, magari per provare a convincerli a fare meglio il loro mestiere; oppure se lo ha scritto per un pubblico in generale, nauseato dalla decadenza dell'informazione; oppure se ha voluto prendersi gioco dei politici che delle bugie fanno largo uso e che le bugie stimolano, producono e riproducono.
Tutti e tre sarebbero ottimi motivi, in questi tempi di bavagli e di minzolinismi.
Per quanto mi riguarda, dopo averlo letto con gusto, penso che ne sia venuto fuori un bel manuale scolastico, che aiuta i giovani e rileggere il presente e il passato da un angolo visuale inedito e spiritoso (Remondino lo è sempre, del resto).
Del resto, in una recente presentazione del libro, in uno dei Megalunedì di Megachip, al Teatro Belli di Roma, lo stesso Ennio Remondino ha “confessato” che la sua intenzione primaria era proprio stata quella di parlare ai giovani e di raccontare loro come «la guerra sia sempre stata la quintessenza della menzogna».
Esatto!
Avessi studiato io, ai miei tempi, la storia delle invasioni barbariche, della caduta dell'Impero romano, per esempio, con l'input remondinesco, credo che mi sarei divertito, imparando, mentre per come me le insegnarono, quelle cose, non le ho imparate e nemmeno mi sono divertito, restandone ignorante fino a molto maggiore età.
Quanta sofferenza inutile. Essere costretti a ingurgitare cose indigeribili (e, in quel modo e in quei termini perfino inspiegabili) quando sarebbe stato possibile nutrirsi con piacere, con le stesse cose, raccontate con maggiore libertà e minore banalità.
Penso che i ragazzi delle medie di oggi capirebbero un bel po' di cose del tempo presente se potessero leggere sui libri di testo qualche verità senza pompa, al posto di sussiegose, e false, presunte interpretazioni della storia. E anche delle leggende che la storia hanno preceduto.
E siccome, in questo modo, i ragazzi faticano a capire (e prima cosa a interessarsi) del tempo andato, ne consegue che sono condannati a non capire neppure le cose del tempo presente. Per esempio, cito a caso, se gli studenti del nord-est studiassero su questo libro e leggessero con attenzione il capitolo “Tutti siamo stati barbari”, sono sicuro che la Lega prenderebbe alle prossime elezioni (sempre che ce ne siano ancora, data l'aria che tira) meno voti di quelli che ha preso alle ultime. Oppure credo che basterebbe il capitolo “Maometto ci traduce Allah” per convincerli non solo che Borghezio è un buzzurro incolto, ma anche che la grande guerra al terrorismo internazionale, oltre a essere una delle grandi bugie del nostro tempo, è una colossale baggianata. Nella quale - lo dico per inciso, sine ira et studio – stanno morendo le ultime illusioni su Obama.
Il quale, quanto a gestire la storia dei vincitori, si è comunque rivelato migliore di George W.Bush, tant'è vero che, per il suo bel racconto edificante della guerra che lui, proprio lui, sta continuando, si è perfino preso il premio Nobel per la pace mentre continua a fare la guerra e mentre non chiude la prigione illegale di Guantanamo Bay.
Lo snello libretto di Ennio Remondino è quindi anche una efficace rassegna di luoghi comuni da smontare. E li smonta tutti ad uno ad uno.
A cominciare dalla cordiale demolizione di Ulisse. Il callido, il bugiardo per eccellenza, accomunato al suo autore, l'Omero della nostra giovinezza, che fummo costretti a imparare a memoria. «Cantaci, o Diva, del Pelide Achille, che tanti lutti addusse agli Achei...». Certo lui, Achille, agli Achei addusse lutti. Non fosse stato così capriccioso, s'intuisce, Troia sarebbe caduta ben prima.
Ma sicuramente Omero addusse, a noi, inenarrabili sofferenze, mentre dovevamo leggerlo attraverso la mediazione dell'indimenticabile (letteralmente!) Ippolito Pindemonte. Ma chi era costui?
Omero come antesignano dell’operazione – poi divenuta classica in tutte le ere successive – secondo cui la storia la scrivono i vincitori. E, quindi, essendo la “loro” storia, non gli si dovrebbe credere per principio. Mi sono chiesto solo in epoca più tarda come sarebbe venuta fuori l'Odissea se a scriverla fosse stato un cronista di Troia. Ma la domanda è oziosa. Ci sono adesso tante guerre che, sistematicamente, vengono raccontate solo da noi, noi ricchi intendo dire. E c'è una semplice ragione per questo: solo noi abbiamo gli strumenti della narrazione.
Certo tra di noi ci sarebbero quelli che possono provare a raccontarla dalla parte degli altri, degli aggrediti, degli sconfitti, ma non lo fanno quasi mai; non lo fa quasi nessuno. E quei pochi possono permetterselo solo per la parentesi di tempo necessaria prima che i detentori della narrazione ufficiale se ne accorgano.
Dopodiché i narratori, diciamo così, indipendenti, vengono semplicemente relegati ai margini del fiume del mainstream e poi eliminati e messi ad asciugare le loro stanche membra sulla riva.
E, specie dopo avere letto Remondino, più in generale, torno a chiedermi se uno dei criteri basilari dell'educazione moderna non dovrebbe essere quello di aiutare i ragazzi a non essere conformisti, subalterni, vittime della moda e della banalità del consumismo.
Insomma consiglio di leggerlo questo libro, e di farlo leggere ai figli, sottraendoli per un attimo a Facebook, ai blog sempre più insulsi. Preso come libro di testo per le scuole secondarie superiori potrebbe contribuire anche non poco all’elevamento, insieme, della cultura umanistica delle nuove generazioni (che non si vede come possano procurarsela essendo divenuti mutazione antropologica da homo videns) e della crescita della repulsione per la guerra. Perché scoprirebbero, per questa semplice via, che le bugie di guerra sono sempre indispensabili: prima per prepararla (cioè, nei tempi moderni, anche per preparare le opinioni pubbliche ad applaudirla), poi per farla (fingendo di vincerla sempre anche quando la si perde), infine per tramandarla ai posteri.
Sfortunatamente ai tempi d'oggi gli Omero scarseggiano, e bisogna accontentarsi dei Minzolini, dei Bruno Vespa, delle Moniche Maggioni, degli embedded di ogni risma. Ma per ripetere i comunicati ufficiali del Pentagono e di La Russa bastano e avanzano.
A proposito, vi siete accorti che di guerre non ce ne sono più? Per lo meno, non se ne parla più. Dunque non esistono più. Ed è dunque logico che, se non ci sono più le guerre, non occorre più neppure il movimento pacifista. Che infatti è morto. Ma non in guerra. Si è suicidato.
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