sabato 8 maggio 2010

Censura in Italia


Il diritto secondo Berlusconi 
Articolo pubblicato mercoledì 21 aprile 2010 in Germania da TAZ.
Visto che alcune registrazioni telefoniche provano la sua relazione con una squillo, il presidente del Consiglio italiano limita il diritto di intercettare. E i giornalisti, per la pubblicazione di questo tipo di documentazione, rischieranno presto il carcere.

La Fnsi, Federazione Nazionale Stampa Italiana, ha indetto per il 28 aprile una manifestazione contro il nuovo piano di censura di Silvio Berlusconi, contro una legge che limiterà drasticamente la pubblicazione delle intercettazioni. E se potessero andrebbero in piazza anche i magistrati, visto che a loro contemporaneamente verranno legate ulteriormente le mani in materia di intercettazioni. Sinora in Italia vigeva il principio che in caso di sospetto di reato i magistrati potevano mettere sotto intercettazione un telefono o avviare sistemi di sorveglianza in appartamenti, uffici, ascensori e veicoli.

Inoltre per legge le trascrizioni delle intercettazioni venivano messe agli atti dell’indagine e in caso di incriminazione erano accessibili alle parti processuali nelle cancellerie dei tribunali. In questo modo anche i dettagli piccanti finivano velocemente in pasto ai giornali.

Nessun scandalo degli ultimi tempi avrebbe scosso il paese se non fossero state tali trascrizioni a permettere ai cittadini di farsi un’idea degli avvenimenti. Che si trattasse della proroga sistematica di partite in Serie A a favore della Juventus, del tentativo di scalata di banche, di storie di corruzione come qualche settimana fa lo scandalo nella Protezione Civile. In quel caso, ad esempio, i cittadini hanno potuto leggere sui giornali che uno degli imprenditori edili arrestati organizzava una seduta di massaggi per il capo della Protezione Civile Guido Bertolaso, preoccupandosi alla fine che anche i preservativi venissero accuratamente smaltiti.

E in un altro procedimento – questa volta contro Berlusconi – l’opinione pubblica veniva informata alla fine di marzo di come il capo del governo redarguiva pesantemente al telefono il direttore generale della Rai Mauro Masi, così come un membro dell’organo di sorveglianza dei media (l’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, ndt), perché ancora non erano riusciti a buttare fuori dalla rete il programma – critico nei confronti di Berlusconi – del giornalista Rai Michele Santoro. “Nemmeno nello Zimbabwe” sarebbero pensabili certi attacchi di censura del presidente del Consiglio, aveva sbottato allora il direttore generale della Rai nella cornetta telefonica. E così alla fine tutta l’Italia ha potuto sapere del lamento rivelatore.

Ma la storia adesso deve finire una volta per tutte, e si vorrebbe che fosse in nome dei diritti civili. “Alzi la mano, chi è sicuro di non essere mai stato intercettato sinora” ha tuonato Berlusconi il fine settimana scorso durante il discorso per l’inaugurazione della Fiera del Mobile a Milano. Solo una mano si è alzata. “Lei non conta, vive in America”, la risposta ricevuta dall’uomo da parte di Berlusconi.
Ma prossimamente i cittadini saranno al riparo dai magistrati come dalla stampa. Le intercettazioni gli inquirenti potranno farle solo per la durata di 60 giorni. Se i criminali dovessero pianificare proprio dopo un omicidio, peggio per i loro inseguitori che dovranno spegnere le apparecchiature. E le intercettazioni potranno essere utilizzate solo per i reati nominati nel decreto d’intercettazione. Se uno spacciatore invece di parlare di sostanze stupefacenti parla della “liquidazione di un conto” (in senso figurato anche trasformare in denaro liquido, ndt) questo non può essere utilizzato contro di lui. Ma il beneficio maggiore per i criminali deriva dalla telefonata al politico (al parlamentare, ndt), visto che quel tipo di conversazioni sono utilizzabili dal magistrato solo quando è il parlamento ad autorizzarle.

Ad essere vietate del tutto saranno le intercettazioni private. La vittima di un ricatto che vuole inchiodare il criminale con una registrazione rischia egli stesso una denuncia, a meno che il ricattatore non si tradisca durante la conversazione, visto che quando la registrazione non fornisce la prova del reato diventa automaticamente il reato. Tutta l’Italia anche nel caso di questa norma non ha potuto fare a meno di pensare a Berlusconi. L’estate scorsa aveva prima negato ostinatamente di conoscere la escort Patrizia D’Addario, ma poi ha dovuto fare marcia indietro. La D’Addario aveva lasciato acceso il registratore mentre si trovava a letto con Silvio. Con la legge attualmente in Senato per questo lei andrebbe in prigione.

E tra poco rischieranno la prigione anche i giornalisti che pubblicano questo tipo di cose. Chiunque citi dalle trascrizioni delle intercettazioni prima dell’inizio del processo penale, chiunque riporti anche solo il senso di ciò che viene detto, o pubblichi registrazioni private, verrà punito con due mesi di prigione, con pene pecuniarie e ulteriormente con un divieto ad esercitare la professione. L’editore del giornale, invece, rischia per ogni articolo che contiene certe indiscrezioni sanzioni fino a 500mila euro. Per molti giornali il coraggio giornalistico si trasformerà presto in una questione di sopravvivenza economica.

[Articolo originale "Berlusconis Bürgerrecht"]
Fonte:Italia Dall'Estero.

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