[ 5 maggio 2010 ]
Inchiesta di greenreport sulla collaborazione energetica tra Albania e Italia
Cooperazione internazionale e aiuti allo sviluppo (ma quello nostro)
Aldo Agutoli
ROMA. «La cooperazione energetica italo-albanese punta a far diventare l'Albania uno hub per gli approvvigionamenti e la sicurezza energetica del nostro paese, alternativo a quelli già in atto con altri paesi del Mediterraneo, la Russia e i fornitori del Golfo persico. Sono molte le iniziative in fase di progettazione o di esecuzione, fortemente caratterizzate dal carattere innovativo delle tecnologie e dal rispetto ambientale».
Con queste parole il ministro degli Esteri Franco Frattini commentava entusiasta pochi giorni fa sul portale www.servizi-italiani.net la collaborazione in atto sulle rive adriatiche (ricordiamo che l'Italia è il primo paese donatore in termini di aiuti allo sviluppo all'Albania, nonché primo partner commerciale).
Alle parole del nostro ministro fa eco il premier albanese Sali Berisha, che ha più volte e pubblicamente dichiarato che vuol far diventare il suo Paese la superpotenza energetica dei Balcani (e questo stride un po' con la realtà quotidiana visto che nella piccola repubblica delle aquile l'elettricità è una chimera per almeno un terzo della popolazione ed un altro terzo la riceve razionata!).
Comunque tra tutti i progetti energetici in cantiere quello che sembra correre su una corsia preferenziale è dell'Enel, riguardante una centrale termoelettrica a carbone di grandi dimensioni (1600 megawatt) a Porto Romano, vicino a Durazzo per un investimento di 2,2 miliardi di euro, con annesso cavo d' interconnessione commerciale ("merchant line") con l'Italia da 500 kV, per un costo di 240 milioni di euro, lunga 210 km, che dirotterà l'energia verso il Belpaese, e di una linea aerea da 400 kilovolt, lunga 25 km, che diffonderà l'agognata corrente in Albania.
E' dal 2007 che si parla di questi investimenti e già Greenreport (con un articolo di Lucia Venturi del 18/01/2008) fu facile profeta: si rischia di (far) confondere gli aiuti allo sviluppo con gli appetiti energetici italiani. Infatti con l'installazione del cavo sottomarino si esporta la produzione (e l'inquinamento) ma si importa l'elettricità. Un vero cavallo di Troia. Di tutto questo se ne sono accorti anche gli albanesi che proprio la settimana scorsa hanno divulgato alla stampa nazionale ed internazionale un vero e proprio libro bianco su questo progetto, smascherando l'Enel ed indirettamente la politica energetica italiana (per scaricare il testo integrale: http://bankwatch.org/documents/PortoRomanoOverTheEdge.pdf ).
Ma per comprendere bene la vicenda è necessario partire dall'inizio di questa storia, che è veramente interessante e lunga e che quindi pubblicheremo in tre puntate.
Inchiesta di greenreport sulla collaborazione energetica tra Albania e Italia
Cooperazione internazionale e aiuti allo sviluppo (ma quello nostro)
Aldo Agutoli
ROMA. «La cooperazione energetica italo-albanese punta a far diventare l'Albania uno hub per gli approvvigionamenti e la sicurezza energetica del nostro paese, alternativo a quelli già in atto con altri paesi del Mediterraneo, la Russia e i fornitori del Golfo persico. Sono molte le iniziative in fase di progettazione o di esecuzione, fortemente caratterizzate dal carattere innovativo delle tecnologie e dal rispetto ambientale».
Con queste parole il ministro degli Esteri Franco Frattini commentava entusiasta pochi giorni fa sul portale www.servizi-italiani.net la collaborazione in atto sulle rive adriatiche (ricordiamo che l'Italia è il primo paese donatore in termini di aiuti allo sviluppo all'Albania, nonché primo partner commerciale).
Alle parole del nostro ministro fa eco il premier albanese Sali Berisha, che ha più volte e pubblicamente dichiarato che vuol far diventare il suo Paese la superpotenza energetica dei Balcani (e questo stride un po' con la realtà quotidiana visto che nella piccola repubblica delle aquile l'elettricità è una chimera per almeno un terzo della popolazione ed un altro terzo la riceve razionata!).
Comunque tra tutti i progetti energetici in cantiere quello che sembra correre su una corsia preferenziale è dell'Enel, riguardante una centrale termoelettrica a carbone di grandi dimensioni (1600 megawatt) a Porto Romano, vicino a Durazzo per un investimento di 2,2 miliardi di euro, con annesso cavo d' interconnessione commerciale ("merchant line") con l'Italia da 500 kV, per un costo di 240 milioni di euro, lunga 210 km, che dirotterà l'energia verso il Belpaese, e di una linea aerea da 400 kilovolt, lunga 25 km, che diffonderà l'agognata corrente in Albania.
E' dal 2007 che si parla di questi investimenti e già Greenreport (con un articolo di Lucia Venturi del 18/01/2008) fu facile profeta: si rischia di (far) confondere gli aiuti allo sviluppo con gli appetiti energetici italiani. Infatti con l'installazione del cavo sottomarino si esporta la produzione (e l'inquinamento) ma si importa l'elettricità. Un vero cavallo di Troia. Di tutto questo se ne sono accorti anche gli albanesi che proprio la settimana scorsa hanno divulgato alla stampa nazionale ed internazionale un vero e proprio libro bianco su questo progetto, smascherando l'Enel ed indirettamente la politica energetica italiana (per scaricare il testo integrale: http://bankwatch.org/documents/PortoRomanoOverTheEdge.pdf ).
Ma per comprendere bene la vicenda è necessario partire dall'inizio di questa storia, che è veramente interessante e lunga e che quindi pubblicheremo in tre puntate.
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