18 marzo 2010 - Matteo Alviti - Liberazione
L'opera di depistaggio organizzata da alcuni alti graduati, con la complicità di uomini del ministero della difesa, sarebbe persino peggiore di quel che si era potuto sospettare a novembre, quando l'attuale ministro della difesa Guttemberg aveva destituito dall'incarico l'ispettore generale della difesa Schneiderhan e il segretario alla difesa Wichert. Sarebbero almeno cinque, secondo un documento del ministero in possesso del settimanale der Spiegel, gli uomini del “Gruppo 85” impegnati a costruire un'«immagine anche positiva» della tragedia di Kunduz, per evitare critiche all'operato dell'esercito di Berlino. Nei pressi del confine nord dell'Afghanistan, quella notte - era il quattro settembre del 2009 - due caccia Usa sganciarono le loro bombe su due autocisterne cariche di benzina rubate poco prima dai taliban e rimaste bloccate durante l'attraversamento del guado di un fiume. Intorno ai veicoli si erano radunate decine di persone di un vicino villaggio, chiamate dai taliban a svuotare le botti dal loro prezioso carico. Era stato proprio il capo del comando tedesco in Afghanistan, il colonnello Georg Klein, a chiedere l'attacco aereo Nato, temendo che il carburante potesse essere usato in attentati contro i militari di Berlino, che controllano la provincia di Kunduz. Spenti i fuochi, Klein fu costretto ad assumersi la responsabilità di due gravi errori: il primo fu il divieto imposto ai piloti Usa di compiere un sorvolo di avvertimento, che avrebbe salvato molte vite. Il secondo fu la comunicazione al comando Nato, per accelerare l'intervento, di un conflitto a fuoco in corso tra tedeschi e taliban, circostanza verificatasi poi falsa. Il “Gruppo 85” era stato costituito sotto l'egida del sottosegretario Wichert solo cinque giorni dopo il bombardamento. Wichert avrebbe guidato e coordinato le attività di depistaggio per rispondere alle critiche degli investigatori Nato, che inevitabilmente sarebbero arrivate. Gli uomini del gruppo erano in stretto contatto con il membro tedesco della commissione Isaf per carpire le informazioni necessarie a sviare e influenzare le indagini. Per i membri del gruppo la cosa importante era rallentare il lavoro degli investigatori per far passare la data delle elezioni, previste appena tre settimane dopo l'incidente, ed evitare ripercussioni sul voto. Missione compiuta, annuncerà dopo alcuni giorni il membro tedesco tra gli inquirenti Nato al “Gruppo 85”: il rapporto non sarebbe stato pronto «prima del nove ottobre», dopo le elezioni. Oltre alla Nato il gruppo avrebbe anche tentato di condizionare il lavoro del procuratore generale tedesco incaricato di indagare sul caso. Prima dell'incontro i depistatori avevano lavorato sui documenti da consegnare in modo da suggerire una lettura “innocentista” per il colonnello Klein. Di illegale, almeno in quest'ultimo episodio, non c'è probabilmente nulla. Ma emerge ancora più chiaramente una pericolosa tendenza a coprire le gravi responsabilità che hanno portato alla morte di 142 persone. Giovedì pomeriggio Wichert e Schneiderhan sono stati ascoltati dalla commissione parlamentare d'inchiesta che sta tentando di chiarire la vicenda, durante la prima seduta pubblica. La commissione dovrà far luce sulla gran confusione, a livello informativo, che seguì i giorni della tragedia. A livello ufficiale si disse subito che il numero dei morti era molto più contenuto di quelli effettivamente riscontrati e che, comunque, si trattava esclusivamente di taliban. Il tempo ha fatto emergere un'altra, ben più grave, versione dei fatti. Nel suo intervento di fronte alla commissione parlamentare, Schneiderhan si è assunto tutte le responsabilità a lui imputate. Compresa quella di non aver passato al ministro zu Guttenberg un rapporto che metteva in luce alcune delle pesanti responsabilità poi accertate, redatto sul campo dagli stessi militari tedeschi. Per non aver letto quel rapporto - che rimase insabbiato finché il quotidiano Bild non ne ha rivelato i contenuti lo scorso novembre - zu Guttenberg aveva definito la reazione tedesca «misurata» alla minaccia. Per Schneiderhan l'inchiesta avrebbe portato solo alla rovina personale di alcuni uomini: «Avete fatto un piacere ai taliban», ha detto l'ispettore generale giovedì.
L'opera di depistaggio organizzata da alcuni alti graduati, con la complicità di uomini del ministero della difesa, sarebbe persino peggiore di quel che si era potuto sospettare a novembre, quando l'attuale ministro della difesa Guttemberg aveva destituito dall'incarico l'ispettore generale della difesa Schneiderhan e il segretario alla difesa Wichert. Sarebbero almeno cinque, secondo un documento del ministero in possesso del settimanale der Spiegel, gli uomini del “Gruppo 85” impegnati a costruire un'«immagine anche positiva» della tragedia di Kunduz, per evitare critiche all'operato dell'esercito di Berlino. Nei pressi del confine nord dell'Afghanistan, quella notte - era il quattro settembre del 2009 - due caccia Usa sganciarono le loro bombe su due autocisterne cariche di benzina rubate poco prima dai taliban e rimaste bloccate durante l'attraversamento del guado di un fiume. Intorno ai veicoli si erano radunate decine di persone di un vicino villaggio, chiamate dai taliban a svuotare le botti dal loro prezioso carico. Era stato proprio il capo del comando tedesco in Afghanistan, il colonnello Georg Klein, a chiedere l'attacco aereo Nato, temendo che il carburante potesse essere usato in attentati contro i militari di Berlino, che controllano la provincia di Kunduz. Spenti i fuochi, Klein fu costretto ad assumersi la responsabilità di due gravi errori: il primo fu il divieto imposto ai piloti Usa di compiere un sorvolo di avvertimento, che avrebbe salvato molte vite. Il secondo fu la comunicazione al comando Nato, per accelerare l'intervento, di un conflitto a fuoco in corso tra tedeschi e taliban, circostanza verificatasi poi falsa. Il “Gruppo 85” era stato costituito sotto l'egida del sottosegretario Wichert solo cinque giorni dopo il bombardamento. Wichert avrebbe guidato e coordinato le attività di depistaggio per rispondere alle critiche degli investigatori Nato, che inevitabilmente sarebbero arrivate. Gli uomini del gruppo erano in stretto contatto con il membro tedesco della commissione Isaf per carpire le informazioni necessarie a sviare e influenzare le indagini. Per i membri del gruppo la cosa importante era rallentare il lavoro degli investigatori per far passare la data delle elezioni, previste appena tre settimane dopo l'incidente, ed evitare ripercussioni sul voto. Missione compiuta, annuncerà dopo alcuni giorni il membro tedesco tra gli inquirenti Nato al “Gruppo 85”: il rapporto non sarebbe stato pronto «prima del nove ottobre», dopo le elezioni. Oltre alla Nato il gruppo avrebbe anche tentato di condizionare il lavoro del procuratore generale tedesco incaricato di indagare sul caso. Prima dell'incontro i depistatori avevano lavorato sui documenti da consegnare in modo da suggerire una lettura “innocentista” per il colonnello Klein. Di illegale, almeno in quest'ultimo episodio, non c'è probabilmente nulla. Ma emerge ancora più chiaramente una pericolosa tendenza a coprire le gravi responsabilità che hanno portato alla morte di 142 persone. Giovedì pomeriggio Wichert e Schneiderhan sono stati ascoltati dalla commissione parlamentare d'inchiesta che sta tentando di chiarire la vicenda, durante la prima seduta pubblica. La commissione dovrà far luce sulla gran confusione, a livello informativo, che seguì i giorni della tragedia. A livello ufficiale si disse subito che il numero dei morti era molto più contenuto di quelli effettivamente riscontrati e che, comunque, si trattava esclusivamente di taliban. Il tempo ha fatto emergere un'altra, ben più grave, versione dei fatti. Nel suo intervento di fronte alla commissione parlamentare, Schneiderhan si è assunto tutte le responsabilità a lui imputate. Compresa quella di non aver passato al ministro zu Guttenberg un rapporto che metteva in luce alcune delle pesanti responsabilità poi accertate, redatto sul campo dagli stessi militari tedeschi. Per non aver letto quel rapporto - che rimase insabbiato finché il quotidiano Bild non ne ha rivelato i contenuti lo scorso novembre - zu Guttenberg aveva definito la reazione tedesca «misurata» alla minaccia. Per Schneiderhan l'inchiesta avrebbe portato solo alla rovina personale di alcuni uomini: «Avete fatto un piacere ai taliban», ha detto l'ispettore generale giovedì.
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