Mercoledì 28 aprile 2010
Chiamasi “Seconda Repubblica” quella che venne quasi per sbaglio e poi comodamente e di fatto si installò in Italia nella seconda metà degli anni novanta. Quella Repubblica nata dal crollo dei “vecchi” partiti, disprezzati più che odiati dalla pubblica opinione. Quella della politica “nuova”, degli uomini nuovi e del “nuovismo” come canone e metro di giudizio. Quella del “territorio” come fonte prima se non unica della sovranità, quella degli “elettori hanno sempre ragione”, un po’ come i clienti a bottega. Quella del leader della coalizione con il nome scritto sulla scheda elettorale. Quella dei frizzanti talk-show politici in tv al posto delle noiose Tribune politiche. Insomma la Repubblica della “gente”, gente che prendeva il ruolo di quello che era stato il “popolo”. Quella del berlusconismo, della caduta del comunismo per manifesto fallimento, quella del “meno male che Silvio c’è”, della sinistra “alternativa”, tanto alternativa da dire no a tutto, anche alla costruzione di una strada. Quella del partito di Berlusconi che cambia nomi ma è sempre lo stesso e quella del partito della sinistra riformista che cambia nomi e non si sa mai che partito è.
Pare, dicono stia finendo il tempo anche della “Seconda Repubblica”. Tra federalismo che darà alle Regioni poteri grossi e grassi e riforma del potere che sta a Roma che dovrebbe dare “all’eletto” tutti i poteri residui, si marcia verso la “Terza Repubblica”. E’ un film che presto vedremo, per ora sono in circolazione e programmazione nella “Sala Italia” ancora immagini e scene della “Seconda”. Una colpisce per la sua insolente sfrontatezza: da giovedì 29 aprile alla Galleria Michel Rain di Parigi è esposta una reverente lapide commemorativa. Vi si legge: “Nell’anno XVI della Seconda Repubblica/ A ricordo dei suoi figli migliori fondatori della patria/ L’Italia dedica per il loro impegno e sacrificio/Questa lapide a futura memoria”. Seguono i nomi, i cognomi e il numero di tessera d’iscrizione di tutti coloro, almeno i più noti, che a suo tempo aderirono e militarono nella Loggia P2, quella di Licio Gelli. E’ un gioco insolente e sfrontato di artista, tal Luca Vitone, che in 30 metri quadrati fa il verso ai monumenti che le “patrie” dedicano ai loro profeti, figli illustri e precursori.
Licio Gelli ospite di Odeon tv nel 2008
Ma è anche un “gioco di realtà”. Il caso, sfrontato e insolente anche lui, spalleggia la “provocazione d’artista”. Il Caso e solo il bizzarro e capriccioso Caso vuole che il programma della P2, ciò che la Loggia voleva l’Italia diventasse, sia molto simile a ciò che l’Italia è diventata. La P2 voleva un Parlamento “pennacchio”, un Parlamento e una Repubblica parlamentare senza prestigio e senza potere. Fatto. Fatto per Caso, ma fatto. La P2 voleva un leader eletto per via plebiscitaria. Ci stiamo lavorando, per Caso. La P2 voleva una tv pubblica sostanzialmente inguardabile. Fatto. Una magistratura ancella della politica. E’ in cantiere. La P2 voleva partiti trasformati in comitati elettorali. Fatto. La P2 voleva che tra chi ha in mano la Cosa Pubblica e la gente votante non ci fossero di mezzo istituzioni e poteri “terzi”, men che mai neutri. Manca davvero poco. Per Caso, solo per mano del Caso la scena del presente vissuto dalla Seconda Repubblica ha più o meno gli stessi connotati e sequenze del paradosso di una sua commemorazione ante litteram: erano quelli della P2 i veri “padri della nuova patria” dice per fare scandalo l’iscrizione in mostra a Parigi. Eppure tanto scandalo non fa, fa constatazione di come nella realtà lavora quel gran burlone che è il Caso.
Stefania Craxi
Altro giro, altra scena da “Seconda Repubblica”. La figlia di Bettino Craxi, quella Stefania che scelse di far politica in nome del padre, per rendergli omaggio e giustizia e che scelse per questa “mission” Berlusconi e Forza Italia, invoca oggi con orgoglio e decisione un “pentimento” pubblico e di Stato su Piazzale Loreto, cioè sull’esecuzione e la mostra in piazza del cadavere di Benito Mussolini. Dice Stefania Craxi che è giunto il tempo di avere “il coraggio civile e l’onestà intellettuale” di dichiarare Piazzale Loreto e quel che significa un errore e un orrore. Sempre per Caso, Stefania Craxi non colloca questa sua nuova etica sensibilità in un’Italia qualsiasi. Mettiamo: un’Italia di popolo e di Stato, di sindaci e giornali, di parlamentari e giornalisti-storici che riconosce ai Partigiani e alla Resistenza di aver versato il sangue contro la peggior dittatura, alleata del peggior sterminatore di umani. E di averlo versato per dare alla democrazia e alla libertà la possibilità di nascere. Un’Italia che apprezza e si tiene care la Costituzione, lo Stato unitario e la democrazia parlamentare. In un’Italia così cercar di portare umana pietà anche sulla pagina dell’esecuzione del Duce-dittatore può avere un senso.
Ma l’Italia che c’è pullula di sindaci che espellono per sospetta indegnità i Partigiani dalla storia nobile. Di giornali, parlamentari e giornalisti-storici che si commuovono alle sofferenze dei militi di Salò che combattevano al fianco delle SS naziste. Un’Italia indifferente se non ostile alla sua storia unitaria, ai suoi nomi e ai suoi simboli, dal tricolore a Garibaldi. In un’Italia così chiedere la condanna dell’errore e dell’orrore di Piazzale Loreto non è avere pietà dei “vinti”, è proclamare giunto il tempo della rivincita dei vinti. Non è dire che esporre cadaveri è crudeltà, è sostenere che errore fu sparare ai fascisti. Stefania Craxi, lo sappia o no, se ne renda conto o meno, non esige la fatica della pacificazione benedetta dalla storia che è passata, pretende l’abiura se non l’umiliazione di chi nella storia passata combatté e morì dalla parte giusta. Deve essere per Caso che anche questo, perfino questo appaia nella Seconda Repubblica più o meno normale
Da www.blitzquotidiano.it
Chiamasi “Seconda Repubblica” quella che venne quasi per sbaglio e poi comodamente e di fatto si installò in Italia nella seconda metà degli anni novanta. Quella Repubblica nata dal crollo dei “vecchi” partiti, disprezzati più che odiati dalla pubblica opinione. Quella della politica “nuova”, degli uomini nuovi e del “nuovismo” come canone e metro di giudizio. Quella del “territorio” come fonte prima se non unica della sovranità, quella degli “elettori hanno sempre ragione”, un po’ come i clienti a bottega. Quella del leader della coalizione con il nome scritto sulla scheda elettorale. Quella dei frizzanti talk-show politici in tv al posto delle noiose Tribune politiche. Insomma la Repubblica della “gente”, gente che prendeva il ruolo di quello che era stato il “popolo”. Quella del berlusconismo, della caduta del comunismo per manifesto fallimento, quella del “meno male che Silvio c’è”, della sinistra “alternativa”, tanto alternativa da dire no a tutto, anche alla costruzione di una strada. Quella del partito di Berlusconi che cambia nomi ma è sempre lo stesso e quella del partito della sinistra riformista che cambia nomi e non si sa mai che partito è.
Pare, dicono stia finendo il tempo anche della “Seconda Repubblica”. Tra federalismo che darà alle Regioni poteri grossi e grassi e riforma del potere che sta a Roma che dovrebbe dare “all’eletto” tutti i poteri residui, si marcia verso la “Terza Repubblica”. E’ un film che presto vedremo, per ora sono in circolazione e programmazione nella “Sala Italia” ancora immagini e scene della “Seconda”. Una colpisce per la sua insolente sfrontatezza: da giovedì 29 aprile alla Galleria Michel Rain di Parigi è esposta una reverente lapide commemorativa. Vi si legge: “Nell’anno XVI della Seconda Repubblica/ A ricordo dei suoi figli migliori fondatori della patria/ L’Italia dedica per il loro impegno e sacrificio/Questa lapide a futura memoria”. Seguono i nomi, i cognomi e il numero di tessera d’iscrizione di tutti coloro, almeno i più noti, che a suo tempo aderirono e militarono nella Loggia P2, quella di Licio Gelli. E’ un gioco insolente e sfrontato di artista, tal Luca Vitone, che in 30 metri quadrati fa il verso ai monumenti che le “patrie” dedicano ai loro profeti, figli illustri e precursori.
Licio Gelli ospite di Odeon tv nel 2008
Ma è anche un “gioco di realtà”. Il caso, sfrontato e insolente anche lui, spalleggia la “provocazione d’artista”. Il Caso e solo il bizzarro e capriccioso Caso vuole che il programma della P2, ciò che la Loggia voleva l’Italia diventasse, sia molto simile a ciò che l’Italia è diventata. La P2 voleva un Parlamento “pennacchio”, un Parlamento e una Repubblica parlamentare senza prestigio e senza potere. Fatto. Fatto per Caso, ma fatto. La P2 voleva un leader eletto per via plebiscitaria. Ci stiamo lavorando, per Caso. La P2 voleva una tv pubblica sostanzialmente inguardabile. Fatto. Una magistratura ancella della politica. E’ in cantiere. La P2 voleva partiti trasformati in comitati elettorali. Fatto. La P2 voleva che tra chi ha in mano la Cosa Pubblica e la gente votante non ci fossero di mezzo istituzioni e poteri “terzi”, men che mai neutri. Manca davvero poco. Per Caso, solo per mano del Caso la scena del presente vissuto dalla Seconda Repubblica ha più o meno gli stessi connotati e sequenze del paradosso di una sua commemorazione ante litteram: erano quelli della P2 i veri “padri della nuova patria” dice per fare scandalo l’iscrizione in mostra a Parigi. Eppure tanto scandalo non fa, fa constatazione di come nella realtà lavora quel gran burlone che è il Caso.
Stefania Craxi
Altro giro, altra scena da “Seconda Repubblica”. La figlia di Bettino Craxi, quella Stefania che scelse di far politica in nome del padre, per rendergli omaggio e giustizia e che scelse per questa “mission” Berlusconi e Forza Italia, invoca oggi con orgoglio e decisione un “pentimento” pubblico e di Stato su Piazzale Loreto, cioè sull’esecuzione e la mostra in piazza del cadavere di Benito Mussolini. Dice Stefania Craxi che è giunto il tempo di avere “il coraggio civile e l’onestà intellettuale” di dichiarare Piazzale Loreto e quel che significa un errore e un orrore. Sempre per Caso, Stefania Craxi non colloca questa sua nuova etica sensibilità in un’Italia qualsiasi. Mettiamo: un’Italia di popolo e di Stato, di sindaci e giornali, di parlamentari e giornalisti-storici che riconosce ai Partigiani e alla Resistenza di aver versato il sangue contro la peggior dittatura, alleata del peggior sterminatore di umani. E di averlo versato per dare alla democrazia e alla libertà la possibilità di nascere. Un’Italia che apprezza e si tiene care la Costituzione, lo Stato unitario e la democrazia parlamentare. In un’Italia così cercar di portare umana pietà anche sulla pagina dell’esecuzione del Duce-dittatore può avere un senso.
Ma l’Italia che c’è pullula di sindaci che espellono per sospetta indegnità i Partigiani dalla storia nobile. Di giornali, parlamentari e giornalisti-storici che si commuovono alle sofferenze dei militi di Salò che combattevano al fianco delle SS naziste. Un’Italia indifferente se non ostile alla sua storia unitaria, ai suoi nomi e ai suoi simboli, dal tricolore a Garibaldi. In un’Italia così chiedere la condanna dell’errore e dell’orrore di Piazzale Loreto non è avere pietà dei “vinti”, è proclamare giunto il tempo della rivincita dei vinti. Non è dire che esporre cadaveri è crudeltà, è sostenere che errore fu sparare ai fascisti. Stefania Craxi, lo sappia o no, se ne renda conto o meno, non esige la fatica della pacificazione benedetta dalla storia che è passata, pretende l’abiura se non l’umiliazione di chi nella storia passata combatté e morì dalla parte giusta. Deve essere per Caso che anche questo, perfino questo appaia nella Seconda Repubblica più o meno normale
Da www.blitzquotidiano.it
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