sabato 8 maggio 2010

Bambini afgani ammanettati e uccisi?


Lunedì 15 marzo 2010 alle ore 19.06 
*Dave Lindorff è un giornalista di Filadelfia. I suoi servizi sono reperibili in www.thiscantbehappening.net

Traduzione di Alvise Ferronato per http://www.lernesto.it

Quando il tenente del battaglione Charlie, William Calley, diede ordine ai suoi uomini di violentare, mutilare e massacrare più di 400 uomini, donne e bambini a My Lai in Vietnam nel 1968, vi furono almeno quattro cittadini statunitensi che operarono per fermarlo o per portarlo di fronte agli ufficiali superiori ed alla giustizia. Uno di questi era l’elicotterista Hugh Thompson jr., che aveva evacuato alcune delle vittime ferite e che aveva frapposto il suo mezzo fra un gruppo di vietnamiti e gli uomini di Calley, dando ordine al suo artigliere di aprire il fuoco contro i soldati americani nel caso avessero ancora sparato contro altre persone. Un altro era Ron Hidenhour che, saputo del massacro iniziò un’indagine privata, finendo con l’informare il Pentagono ed il Congresso del crimine. Il terzo era Michael Bernhardt, soldato del battaglione Charlie, testimone oculare del massacro, che raccontò tutto a Hidenhour. L’ultimo era Seymour Hersh, un giornalista che pubblicò la vicenda sui media americani.

Anche la guerra che si combatte oggi in Afghanistan conta i propri massacri di My Lai. Avvengono quasi ogni settimana, quando l’aviazione statunitense bombarda gli invitati alle feste di matrimonio, o abitazioni “sospettate” di riparare terroristi, che poi si rivelano essere in realtà solo dei rifugi per i civili. Questi My Lai sono però tutti convenientemente etichettati come incidenti. Vengono archiviati e dimenticati come inevitabili “danni collaterali” della guerra. Eppure, è di recente avvenuto un massacro che non può essere catalogato come “errore”- un massacro che, anche se ha coinvolto meno di una decina di persone, si trascina dietro lo stesso fetore della vicenda di My Lai. Si tratta dell’omicidio, commesso con lo stile di una esecuzione, di otto studenti in precedenza ammanettati, tra gli 11 e i 18 anni, e di un vicino, un bimbo di 12 anni che faceva il pastore e che si trovava sul posto in visita, il 26 dicembre scorso nella provincia di Kunar.
Disgraziatamente, nessun soldato con un minimo di principi, con una coscienza come il pilota Hugh Thompson ha cercato di salvare questi bambini. Nessun testimone ha trovato il coraggio di informare su ciò cui aveva assistito come Michael Bernhardt. Nessun Ron Hidenhour tra gli altri soldati statunitensi presenti in Afghanistan ha svolto indagini su questa atrocità e ne ha informato il Congresso. E nessun giornalista americano ha indagato su questo crimine di guerra come Seymour Hersh fece per My Lai.
C’è un Seymour Hersh per il massacro di Kunar, ma è un inglese. Mentre i giornalisti americani, come gli anonimi droni che hanno scritto il resoconto del 29 dicembre scorso per la CNN sull’incidente (http://www.cnn.com/2009/WORLD/asiapcf/12/29/afghanistan.deaths/index.html), hanno accettato come per reale la occultante storia inizialmente propagata dal Pentagono –che le vittime appartenevano ad un gruppo segreto di terroristi-, Jerome Starkey, un giornalista che lavora in Afghanistan per il Times e per lo Scotsman, ha parlato con altre fonti- il direttore della scuola frequentata dalle giovani vittime, altri abitanti del luogo, funzionari del governo afgano- e ha scoperto la verità su un atroce crimine di guerra – appunto l’esecuzione di ragazzini ammanettati-. E mentre pochi notiziari negli Stati Uniti come il New York Times hanno menzionato la notizia secondo la quale le vittime erano dei bambini e non dei terroristi, nessuno, inclusa la CNN, di coloro che avevano accettato e pubblicato le menzogne del Pentagono senza prima verificarle, si è preso il disturbo di pubblicare gli aggiornamenti riguardanti questa notizia quando, il 24 febbraio, i militari americani hanno ammesso che effettivamente si trattava di innocenti studenti. Né alcuna agenzia di stampa corporativa agli Stati Uniti ha menzionato che le vittime erano ammanettate quando sono state uccise.
Starkey ha informato a riguardo delle incriminanti ammissioni del governo USA. Ciò nonostante i media americani restano chiusi nel loro silenzio come una tomba.
Stando alla Convenzione di Ginevra, l’esecuzione di un prigioniero costituisce un crimine di guerra. A Kunar però, il 26 dicembre, forze dirette dagli Stati Uniti o forse soldati statunitensi o mercenari messi sotto contratto dagli USA hanno freddato otto prigionieri ammanettati. E’ un crimine di guerra ammazzare bambini al di sotto dei 15 anni, però in questo caso un bimbo di 11 e uno di 12 anni sono stati catturati come combattenti e giustiziati. Altre due vittime avevano 12 anni, un’altra 15.
Ho telefonato all’ufficio del Segretario alla Difesa, per domandare se era in corso un’indagine riguardante questo crimine o se era in progetto di realizzarne una, e mi è stato risposto di inviare una domanda per iscritto, cosa che ho fatto. Fino ad oggi non ho ottenuto risposta. La macchina delle relazioni pubbliche del Pentagono ha preteso per telefono di non essere neppure a conoscenza dell’incidente a cui stavo facendo riferimento, ma anche privo del suo “aiuto” sono venuto a sapere che ciò che i militari americani hanno fatto –il che non costituisce una grossa sorpresa- è stato trasferire il problema, affidando tutte le indagini alla International Security Assistance Force (ISAF)- un nome decorativo per definire le forze NATO al comando degli Stati Uniti che combattono contro i talebani in Afghanistan. Nient’altro che un’abile truffa. L’ISAF non è altro che un vero e proprio ente della coalizione, come lo era la “Coalizione dei Volenterosi” (Coalition of the willing) nel corso della guerra in Iraq portata avanti dal presidente Bush; questo sotterfugio ostacola le indagini legislative sull’accaduto, dal momento che il Congresso non ha l’autorità per imporre la testimonianza della NATO o dell’ISAF come si potrebbe fare con il Pentagono. Una fonte del Comitato per le Forze Armate del Senato conferma che l’ISAF sta indagando, e che il comitato ha sollecitato una “nota informativa” –il che significa che nessuna dichiarazione verrebbe rilasciata sotto giuramento- una volta che l’indagine verrà completata, ma non aspettatevi grandi risultati.
Allo stesso modo ho preso contatto con l’ufficio stampa del Comitato per le Forze Armate della Camera per vedere se era in programma qualche udienza che riguardasse questo crimine. La risposta è stata negativa, anche se la responsabile stampa mi ha chiesto di mandarle i particolari a riguardo dell’incidente (non è un buon segnale che i membri e il personale della Camera prestino cosi tanta attenzione – questi omicidi hanno portato a manifestazioni studentesche in tutto l’Afghanistan, a una protesta formale dell’ufficio del presidente Hamid Karzai e a un’indagine del governo afgano, che ha concluso che degli studenti innocenti sono stati arrestati ed ammazzati, e che senza dubbio ha contribuito ad una risoluzione del governo afgano che prevede che si processino e mettano a morte i soldati statunitensi che si rendano responsabili dell’uccisione di civili afgani).
E’ tempo che le persone di coscienza si frappongano a questa avventura imperiale che ora come ora si può senza alcun problema definire la Guerra di Obama in Afghanistan. Molti uomini e donne in uniforme in Afghanistan sanno che lo scorso dicembre a Kunar nove bambini afgani sono stati fermati e assassinati per mano degli Stati Uniti. Con ogni probabilità ci sono persone che sono state implicate nella pianificazione e nella realizzazione di questa criminale operazione che si sentono responsabili di ciò che è accaduto. Queste persone fino ad ora sono state con la bocca tappata, o per paura o perché semplicemente non sanno a chi e dove rivolgersi. (Nota: se avete qualche informazione potete mettervi in contatto direttamente con me). Ci sono anche numerosi giornalisti in Afghanistan e a Washington che potrebbero investigare su questa storia, ma non lo stanno facendo. Non chiedetemi il perché. Magari provate a domandarlo ai loro editori.

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