sabato 8 maggio 2010

MA COS'E' LA MAFIA? Proletari e industriali del crimine.


Da Rinascita Balcanica 24.02.2010 di Michele Altamura 
E’ una guerra invisibile quella a cui assistiamo di giorno in giorno. C’è chi bombarda Paesi e chi traffica droga per costruire oleodotti. Da una parte c’è la mafia che tutti noi conosciamo, i casalesi, la camorra, quelli che vendono la droga alla spicciolata. E poi ci sono i vip, gente di spettacolo e di gossip, quelli che organizzano “festini” e gran-galà, allietando i loro ospiti con prostituzione moderna e droga, ma si servono rigorosamente dai ‘pusher’ e non dagli spacciatori. La differenza, tra questi due mondi, è davvero sottile, e sta solo nel fatto che i ‘pirla’ sniffano cocaina frullata con aspirina e altre schifezze, mentre invece i signori – per intenderci quelli che vediamo in tv e sulle riviste – sniffano quella pura all’80%, la cocaina colombiana. Questi due mondi sono paralleli, ma rappresentano in maniera perfetta quello che è oggi il business della “creazione del denaro”. Nessun complotto stavolta, ma la dura realtà, ossia che gli Stati dietro un protocollo segreto, trafficano rifiuti speciali e nucleari tramite organizzazioni di copertura: le scorie sono un segreto di Stato. E’ dura a dirlo, ma è anche difficile da credere. Purtroppo è così, e dietro tutto questo gioco al massacro vi sono i latitanti che prendono le colpe da espiare - tanto son sempre latitanti - e i signori , che viaggiano in aerei di lusso e stappano bottiglie di champagne. Il male dunque sono i trafficanti, i mafiosi, tanto un reato in più e un reato meno ,ad un delinquente non cambia la vita.

Questa è solo una premessa per far capire ai magistrati italiani che le loro indagini non portano a nulla, perchè sono inconsistenti e prive di elementi reali su cui costruire una strategia di lotta al crimine. In altre parole, i nostri inquirenti non hanno proprio idea di dove stiano seduti e di cosa sia davvero il traffico di droga. Basta leggere le parole del Procuratore Pietro Grasso che al Vjesti dice che “i Balcani sono il deposito" della droga dell’Europa”, che “la droga può essere trasportata in meno di 24 ore ad una posizione ben determinata in Europa”. Ci aspettavamo che il Procuratore Grasso spiegasse anche come faccia la droga a trovarsi in 24 ore in qualsiasi punto dell’Europa, dicendo per esempio che viene usato Google Heart, le chat o Skype, che consente di reperire la posizione di dove si troverà il carico e dove si posa il denaro. Grasso parla di una “nuova mafia”, della connessione della mafia calabrese con quella serbo-montenegrina, parla della cocaina colombiana e di quella dell’Afghanistan. Insomma tutti concetti frammentari che l’Osservatorio Italiano ha già avuto modo di spiegare, anticipando le mosse di qualcosa che sta succedendo da tanto tempo e nessuno ha visto.

Ma facciamo un piccolo passo indietro, e parliamo della magistratura italiana, quella che ha lasciato che si consumasse indisturbato il contrabbando di sigarette lungo le cose pugliesi senza muovere un dito, per poi contrattaccare dopo anni e sgominando tutto il traffico in pochi mesi. Possiamo dire, con la certezza matematica, che i cosiddetti scafisti sono stati solo un capro espiatorio, e il vero business lo ha fatto qualcun altro perchè i conti non tornano. Il contrabbando di sigarette, se le cifre ufficiali e quelle ufficiose sono giuste, avrebbe consegnato alle organizzazioni criminali pugliesi milioni di miliardi di lire: ma dove sono finiti tutti questi soldi? Possiamo assicurarvi che solo il 20% è finito nelle tasche dei contrabbandieri, mentre l’80 % in quelle dei Signori che hanno la residenza e le società in Svizzera. D’altronde, questo sistema ha creato il Procuratore del Ticino Carla del Ponte, poi divenuta Procuratore del Tribunale dell’Aja.
Facendo un po’ i conti, sappiamo che su uno scafo di tipo 'corbelli' potevano essere caricate 330 casse di sigarette, ogni cassa veniva acquistata presso la società montenegrina Zetatrans, e costava 500 euro. Per il trasporto, occorreva avere il supporto logistico a terra, 3 furgoni con tre autisti da pagare 200 euro l’uno e 10 ragazzi da pagare 75 euro a testa. Arrivavano ogni settimana dal ‘dutee free olandese’ circa 14 tir a settimana, che contenevano ciascuno 1980 casse. Al costo delle sigarette occorre aggiungere il pizzo pagato su ogni cassa, oltre che 2500 euro di nafta, su cui i clan locali avevano avevano il monopolio. A gestire il rifornimento della benzina degli scafi era il famoso fratello di Milo Djukanovic, il pistolero Aco Djukanovic. Lui viveva in una casa insieme al suo amico Paolo, amico dei siciliani, che era in grado di far arrivare in Puglia 30 corbelli in 2 giorni. Paolo è annegato, ma l’autopsia non è stata mai fatta.

Questa come ve l’abbiamo descritta è l’organizzazione logistica dei costi del contrabbando, sostenuti in sostanza dai contrabbandieri. Per quanto riguarda poi i guadagni, parliamo di 14 milioni di euro a settimana che incassavano e riciclavano i broker e i banchieri svizzeri, e in un anno sono ‘solo’ 168 milioni di euro. Quello delle sigarette è stata solo la punta dell’iceberg, perchè poi c’è la droga e il traffico dei clandestini. Si stima che i contrabbandieri di Ostuni, in 5 anni di lavoro, devono aver portato a Brindisi 840 milioni di euro, che riportati in lire sono tantissimi soldi, forse troppi per l’epoca di allora. Non ci sono dubbi che la Procura italiana non ha fatto assolutamente i conti, anche perchè poi tutto è stato smantellato nel giro di pochi mesi. Siamo seri signori, il contrabbando l’avete fermato nel giro di un mese, e l’avete combattuto per anni. Chi ha incassato i soldi? Le coste pugliesi da chi erano controllate?
La mafia? Certo che esiste, ma non esiste la mafia se non c’è lo Stato.

Adesso veniamo alla droga colombiana. I Balcani sono diventati un centro logistico, come l’Osservatorio Italiano ha scritto più volte, parlando di mafia trasnazionale oppure di una Santa Alleanza Balcanica, fatta da gruppi di potere locali e di diversità etnica, che possono trasportare droga oltre confine con assoluta facilità, proprio come un tempo le coste pugliesi erano aperte a tutto. Sappiamo che oggi occorrono per il fabbisogno italiano 3 tonnellate al mese di cocaina, che i signori colombiani vendono a 10-15 mila dollari al chilo, con un quantitativo minino di 1 tonnellata, ossia circa 10 milioni di dollari. Per avere dunque un buon prezzo bisogna organizzare il trasporto e sopratutto operazioni che fanno girare 30 milioni di dollari al mese. Non è assolutamente pensabile che un tale traffico abbia alle sue spalle personaggi come Totò Riina o Provenzano, che non sanno né scrivere e né leggere. In realtà vi sono menti raffinate, che dispongono di una rete in grande stile di avvocati, consulenti finanziari, direttori di banche, notai, ma soprattutto ricchi ‘nullafacenti’, per organizzare lo spaccio ad altissimi livelli.

Ai piedi di questa piramide, vi sono i criminali tradizionalmente intesi, i trafficanti e contrabbandieri che vivono ai margini della società perbene, fanno il lavoro sporco e rischiano la loro vita ogni giorno. Entrano ed escono continuamente dalle carceri con un sistema collaudato e a prova di “procuratore”. Se viene fermato con 10 chili di droga viene arrestato, ma prima che i giornali riescono a dare la notizia, è già fuori di prigione grazie al processo per direttissima. Qui viene condannato, ma se ha le attenuanti generiche – perchè incensurato – esce nel giro di pochi mesi. Tutto dipende dall’avvocato e dal fatto che ha o meno dietro di sé un’organizzazione seria. In caso contrario, c’è il carcere, allora lì scatta una strategia ‘fai da te’: si compra droga all’interno del carcere, dimostrando di essere un tossico dipendente. In questo caso, viene affidato al centro di riabilitazione che permette di uscire dal carcere, a seconda della clemenza della Corte, ma comunque si acquisisce una condizione di semi-libertà che consente di manovrare ancora il traffico. Al contrario, per i recidivi scatta la condanna a tre anni, ma anche in questo caso vi è la possibilità di beneficiare del condono di due mesi, dunque la pena viene ridotta a sei mesi. Con un buon avvocato, e la riduzione di pena per buona condotta, in circa 7-10 mesi è fuori: altro giro e altra corsa.

La droga che acquistano i grandi importatori ha una purezza dell’80%, poi la frullano mettendo dentro un 20% di varie sostanze, raggiungendo così il 60-65% circa. Un kilo in Italia costa circa 24-26 mila euro, che viene tagliata in varie percentuali, a seconda dalla bontà d’animo del 'frullatore', che può ridurre la purezza sino al 35%. Questa droga va a finire sul mercato più povero, negli angoli di strada, e costa circa 30 euro al grammo, per cui quel chilo tagliato e ritagliato, alla fine viene a costare 15-20 mila euro. Il prezzo lo fa non solo la purezza, ma anche la disponibilità e l’urgenza di piazzarla. Se ce n’è troppa si svende, se ce n’è poca si alza il prezzo e si racimola 30 mila euro per 1000 dosi, tutto dipende dallo smercio. E' impensabile che tutto questo contante sia gestito dalle mafie locali, e confluisce così nelle mani di uomini d’affari, che chiudono l’affare in un salotto di qualche fiduciaria, comprando e vendendo azioni di società ad alto rendimento. D’altronde, la capitale della mafia è Milano, dove puoi comprare e vendere droga con una transazione, anche perchè a 40 minuti c'è il confine con la Svizzera. Lì ci sono tanti "bordelli", e ci si può anche divertire: c'è la zona degli albanesi, dei montenegrini, dei croati e si può fare qualsiasi cosa. Ed è qui che il crimine del contrabbando si mischia a quello finanziario, imprenditoriale e bancario. Dietro il business dei titoli collaterali e dei bonds, e le tante operazioni fittizie, c’è la droga, dietro le vendite di opere d’arte false, gioielli, si vendono le partite di droga. Allora ci si chiede quali sono le grandi società che finanziano le grandi opere, i progetti infrastrutturali? E ancora, cosa c’è dietro i paradisi fiscali, cosa si nasconde dietro il segreto bancario svizzero? Chi sono gli avvocati fiduciari svizzeri, che un giorno sono amici dei criminali e dopo sono magistrati che devono indagare i loro amici?

Questo è il vero business, il cuore della creazione dei capitali e della ricchezza della società moderna, per cui i paesi europei – ed in particolare l’Italia – hanno pagato un grande prezzo. La criminalità è fatta dalle prostitute di alto bordo, da gente dello spettacolo e del gossip, che non ha né arte e né parte, ed hanno fatto del ricatto e dello spaccio della cocaina la loro fonte di reddito principale. In un festino si può anche guadagnare 500 mila euro in una sola sera, vendendo migliaia di dosi a 100-150 euro al grammo (la riservatezza costa anche 500 euro a grammo). Il meccanismo è lo stesso, solo che lo smercio avviene nelle grandi ville, nei castelli privati, tutto lontano dagli occhi di polizia e magistrati. Per cui, da una parte abbiamo il contrabbando povero, quello destinato ai ragazzini figli di papà, e dall’altra abbiamo il traffico di lusso. La differenza però sta nel fatto che, mentre la mafia ti ammazza per strada e chiude lì la storia, questi Signori tengono sotto scacco un Paese intero, ricattando politici, industriali, gli stessi magistrati, con l’arma dello scandalo e del ricatto. Tutto questo tramite società pubblicitarie, di immagine e comunicazione. Vedi il recente caso di Bertolaso, capo non solo della protezione civile italiana, ma anche parte di un grande progetto di sicurezza europea che consentirà di creare una “protezione civile transnazionale” senza violare le regole della NATO. Le due mafie quindi si uniscono, perchè una ha l’intelligenza di poter aprire conti e parla inglese, l’altra fa il lavoro sporco, serve a trafficare, ad accollarsi la colpa, perchè viene pagato per fare da cavia. Se si rischia l’ergastolo, ci si accolla di altri 10, facendo l’ergastolano a vita, ma anche lì si può negoziare e vendere la propria libertà: basta pagare. Chi ha parlato di “cupola” ha detto la verità, e ancora una volta non è stato ascoltato. Quando Pupo ha cantato con il pupillo dei Savoia “Italia amore mio”, ci siamo sentiti un po’ tutti fieri, fieri al punto che ci siamo chiesti : “Ma il male da che parte sta?Dalla parte della mafia o del gossip”.
Michele Altamura

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