sabato 8 maggio 2010

Il volto nero dell’Italia


Articolo di Società cultura e religione, pubblicato sabato 27 febbraio 2010 in Francia da Le Monde 
fonte: italiadall'estero.

Da secoli, l’idea dell’Italia suscita nello spirito degli Europei un’emozione speciale. Come se l’universo di questa penisola fosse formato da una materia differente – i suoi paesaggi, le sue città, i suoi villaggi immersi in una sorta di luce mitica il cui segreto restava inaccessibile. I viaggiatori del “Grand Tour” non hanno smesso di descriverne il fascino. Gli scrittori hanno spesso tentato d’accostarsi al mistero. Stendhal vi provava un’emozione continua, fino al malessere condiviso da molti altri visitatori dinanzi alla sovrabbondanza dell’arte.

Per Nietzsche, l’Italia è luce, dolcezza, liberazione. In Italia Nietzsche non sente, dirà, il bisogno di dire “no”, comme succede a chi esce il mattino nelle vie di una città tedesca; luce, musica, e “l’uva dolce dal fruttivendolo”, a Torino, negli ultimi momenti di serenità. Per Freud, l’Italia è rivelazione necessaria: “Ciò che mi ci vuole è l’Italia”; l’arte italiana – “tesoro simbolico quasi sacro” – è per lui la scoperta della parte incosciente, esperienza di Altro [concetto filosofico che si riferisce al "carattere di ciò che è estraneo", N.d.T.] e di estraneità temporale. Freud pianifica di finire i suoi giorni a Roma.

Ancora oggi nella memoria del viaggiatore sorge l’impressione di stordimento e di trasfigurazione del primo incontro: i paesaggi armoniosi dei grandi laghi, il caffè al latte delle mattine francesi tramutato in schiuma delicata del cappuccino, il suono degli zoccoli di legno sulle lastre di Sirmione, gaiezza, alberi e fiori. Poi l’incanto assoluto: Venezia, Firenze, più tardi Roma dalle belle, stupefacenti architetture, il Tevere, fontane…

Ma esiste anche un altro lato – il lato oscuro, da molto tempo noto ai poeti e ai romanzieri italiani, esplorato da Alessandro Manzoni (1785-1873), nei Promessi Sposi, il cui innocente titolo non ne lascia indovinare i baratri di nefandezza e tragedia che poco a poco si manifestano al lettore. Romanzo basato, come La Certosa di Parma, su di una antica cronaca italiana molto violenta e sinistra, in esso non appaiono né Fabrizio, né Clelia, né l’ombra di una Sanseverina [protagonisti de La Certosa di Parma, N.d.T.].

Si svolge ai tempi della peste del XVII secolo, sotto il dominio spagnolo. Intrighi tenebrosi ed oscuri crimini. Pagine implacabili, tragici ritratti del XVII secolo italiano, che si rivelano essere, inoltre, un’anticipazione dei misteri e degli scandali irrisolti degli anni di piombo e dell’Italia contemporanea, come Pasolini l’ha percepita, denunciata e subita, fino alla sua morte inclusa. Di fatto, la vecchia radice della situazione odierna può essere riconosciuta nel fatto che in Italia il potere è quasi sempre stato esercitato come “fazione ed oligarchia”, pratica autoritaria dinanzi alla quale “il peggio è senza alcun dubbio non essere protetto”.

Ciò che produce un’atmosfera che può definirsi col termine ignavia, che utilizzava Leopardi riguardo alla “vilissima condizione” dei suoi compatrioti – ignavia, cioè “inattività per incapacità di capire”, in una società simile a quella che descriveva Manzoni (quella del XVII secolo, ma che era anche la sua). Oggi, è di nuovo l’ignavia ad instaurarsi – una passività, un’accettazione che ricorda che il regime fascista, che è durato vent’anni godendo di un vasto consenso, senza dubbio non è mai stato sottoposto ad un processo d’esame e di giudizio come lo è stato il nazismo nella Germania contemporanea.

La Costituzione italiana, elaborata dopo la guerra da personalità afferenti a diverse correnti politiche ma tutte dotate di una coscienza democratica resa matura dalla recente esperienza storica, è certamente la migliore, la più manifestamente repubblicana, laica, di tutte le Costituzioni europee. Ma, in seguito, l’educazione del popolo italiano alla democrazia non è stata fatta veramente dai governi democristiani.

La sinistra italiana – un grande partito comunista gramsciano piuttosto che marxista ed un forte partito socialista, all’epoca alleati – era indubbiamente portatrice di una vocazione educativa; ma tutta la sinistra si è progressivamente indebolita a partire dagli anni ‘70 sotto i colpi delle faide, del terrorismo, della corruzione, quest’ultima in costante crescita negli anni ‘80, sotto l’effetto della politica craxiana, che brutalmente rompeva con la tradizione etica della sinistra e forniva un’ideologia pronta per il governo imprenditoriale che avrebbe presto attaccato le basi stesse della democrazia.

Con la famosa “discesa in campo” del 1994, è la società dello spettacolo, come descritta da Guy Debord, che fa il suo ingresso e si estende come una piovra: niente più passato, niente più futuro, un presente finto, sfuggevole, piatto. Due fenomeni danno la misura della particolarità e della gravità del momento storico: lo stato d’ipnosi degli elettori di questa destra pseudo-liberale, ed il “servilismo volontario” di uomini politici che, ad eccezione di quelli reclutati ad hoc (imprenditori, avvocati, ecc.) avevano conosciuto negli anni precedenti un passato di una certa dignità, e che ad oggi si apprestano a sostenere, senza battere ciglio, con disciplina assoluta, il valore intrinseco e “buono per il popolo” di ogni nuovo colpo sferrato alla democrazia dal loro re Ubu [Opera teatrale francese considerata come precorritrice del movimento surrealista e del teatro dell'assurdo, N.d.T.].

Ci si domandava allora come un’intero paese potesse essere portato, senza violenza (sebbene la violenza era meno lontana di quanto si credesse, basti guardare al G8 di Genova) ad un sonno tanto profondo? Le cause sono diverse, radicate nella storia recente e più remota. I mezzi, utilizzati a ripetizione, sono quelli della cancellazione della separazione tra il reale e la finzione, cancellazione progressiva alla quale abitua una televisione allucinante assorbita a forti dosi.

La propaganda governativa, secondo la quale la sinistra – più precisamente il Partito Comunista – avrebbe governato il Paese da cinquant’anni, probabilmente non era una semplice trovata elettorale. La tranquillità con la quale l’opinione pubblica accettava questa curiosa riscrittura della storia recente rivela senza dubbio una convinzione segreta, e radicata, secondo la quale il governo “naturale” del paese sarebbe stato il regime fascista, artificialmente interrotto in qualche modo dalla guerra e dalla sconfitta militare…

Ciononostante, in tempi record, un paese agricolo e cattolico si trasformava in un paese industriale edonista, senza leggi, senza riferimenti. Scivolamento, liquefazione…I tessuto cede silenziosamente, la pozzanghera si allarga…

Sono già visibili i danni che si estenderanno senza limiti fino ad oggi: riapparizione del fascismo, episodi razzisti contro gli immigrati – ad oggi ridotti in schiavitù come si è visto in Calabria il mese scorso -, collusione con la mafia divenuta sempre più centrale ed evidente.

Negli ultimi tempi, il paese è arrivato all’”anestesia totale”, alla “sonnolenza collettiva”, alla “narcosi” – termini usciti qualche giorno fa dalle penne dei grandi giornalisti d’opposizione, di un’opposizione peraltro praticamente impotente, dal momento che, secondo un’inchiesta recente, l’87% degli italiani s’informa esclusivamente attraverso la televisione – una televisione privata, ma anche pubblica, sempre più nelle mani del governo.

Lo scopo originale della scesa in campo berlusconiana – ciò che la grande giornalista Rossana Rossanda definiva allora come “una capitolazione del paese di fonte all’impresa pura e semplice” – sembra ormai raggiunto, anche se oggi, per la prima volta, (dei) sintomi di ribellione appaiono qua e là. L’ultima opera del goveno italiano, che si chiama “Protezione Civile”, è un’organizzazione destinata all’intervento rapido in caso di “catastrofi naturali” (ma poco a poco estesa ad eventi in cui l’urgenza ed il naturale sono sempre meno dimostrabili).

[La Protezione Civile N.d.T.] Procede a colpi di interventi urgenti, che hanno luogo fuori ed al di sopra della legge. Da cui la nascita di un potere assoluto che sfugge ad ogni controllo ed è incredibile fonte di corruzioni di ogni genere. Alcuni membri della coalizione di governo prendono poco a poco le distanze, Gianfranco Fini, presidente della Camera, Giuseppe Pisanu, ex ministro dell’Interno: “L’orizzonte dell’interesse generale è chiuso, si sono aperte le cataratte dell’interesse privato.”

Ogni giorno scoppia un nuovo scandalo. Forse si prepara una miscela esplosiva – fatica, esasperazione dei cittadini di fronte ad una classe dirigente “non soltanto corrotta, ma decrepita”, scrive Curzio Maltese, lucido analista del fenomeno fin dai suoi albori: ferocità della crisi (migliaia e migliaia di operai e di ricercatori licenziati, ridotti alla povertà assoluta), vittime in rivolta del terremoto dell’Abruzzo (”Un anno dopo, qui, tutto muore”), desiderio di un futuro ora inimmaginabile. Rivedremo presto il cielo italiano di Stendhal?

[Jacqueline Risset è, N.d.T.] scrittrice e traduttice. Professoressa di letteratura francese all’università Roma-III, dove presiede il Centro di studi italo-francesi, ha in particolare tradotto “La Divina Commedia”, di Dante (Flammarion, 1985-1990), pubblicato diversi volumi di poesia (come “Gli istanti”, Farago, 2000) e saggi (”Una certa gioia. Saggio su Proust”, Hermann, 2009).

[Articolo originale "La face noire de l'Italie" di Jacqueline Risset]

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