sabato 8 maggio 2010

“La mafia è una merda!”


Articolo pubblicato venerdì 23 aprile 2010 in Germania da TAZ 
Fonte: Italia dall'estero.
Sicilia. Il giornalista locale Pino Maniaci riporta notizie su Cosa Nostra. A questo scopo ha fondato una propria emittente televisiva locale.

Quando Pino Maniaci va a prendere un caffè, ne ordina sempre tre. Uno per sé e uno per i due carabinieri al suo fianco. Con la sua corporatura dinoccolata nel vestito scuro troppo largo, la cravatta a pois rossi e i baffi lo si potrebbe scambiare anche per un comico. Ma Pino, 57 anni, è un giornalista. Si occupa di televisione locale in Sicilia ed è sotto protezione della polizia 24 ore su 24.

Più tardi nel pomeriggio, andrà in onda nello stesso abito scuro: notizie in tempo reale, per due ore. Proprio come ogni giorno, sette giorni alla settimana. L’emittente Telejato è un’azienda a conduzione familiare, in cui collaborano la moglie e due dei suoi figli ed è finanziata attraverso donazioni e da tre minuti di pubblicità ogni ora. Ma cosa ci può essere da riportare a Partinico, questa pittoresca cittadina non lontana da Palermo, da dover necessitare del “più lungo notiziario del mondo”, come lui stesso lo definisce? L’apertura di un nuovo panificio e il compleanno del sindaco, Pino li menziona solo marginalmente. Lui persegue un altro obiettivo: la lotta alla mafia. “Estorsioni, licenze edilizie discutibili e scandali aziendali – Cosa Nostra, la mafia siciliana, è ovunque “, dice Pino, soprattutto qui, nel” Triangolo delle Bermuda della mafia “: Corleone, Partinico, Cinisi.

Si sente squillare. Pino fruga nella tasca della giacca ed estrae cinque telefonini. Oggi confonde le suonerie. “Così posso dare ai miei informatori numeri diversi, è più sicuro per me”, dice sottovoce. Il chiamante dice di aver visto gli agenti di polizia con i cani antidroga in città. Improvvisamente Pino passa al dialetto siciliano, la sua profonda voce da fumatore farfuglia con così tanta energia che bisogna stargli vicinissimo per riuscire a capire qualcosa. Quindi un blitz antidroga. A chi di preciso, non lo sa ancora. Richiama accanto a sé la figlia Letizia, i due partono con due auto diverse. Sui sedili posteriori le macchine fotografiche sono già pronte.

La missione: Addio Cosa Nostra

Se succede qualcosa, spesso la gente del posto prima che la polizia chiama Pino, che ottiene informazioni di prima mano, filma e monta i suoi contributi. Nei 25 comuni attorno a Palermo la sua trasmissione è seguita da 180.000 spettatori. Hanno imparato a fidarsi di lui e a elaborare le loro considerazioni. Una rarità in una regione dove il silenzio sembra far parte del dialetto. “In passato nessuno avrebbe mai visto o sentito qualcosa” [in italiano nel testo, N.d.T.] racconta Pino, ad esempio se una macchina è stata bruciata perché il proprietario non ha voluto pagare il pizzo il denaro per protezione alla mafia. A Partinico ora in media paga il pizzo solo il 10 per cento di tutti gli imprenditori. In Sicilia in media il 70 per cento.

Pino e Letizia hanno attraversato la città due volte. Dei cani antidroga nessuna traccia. La ragazza venticinquenne è in contatto continuo con il padre tramite il cellulare. “Via Colombo “, dice la chiamata successiva. Letizia si precipita per i vicoli verso il luogo dell’incontro, parcheggia l’auto a distanza di sicurezza dalle macchine della polizia. I funzionari aprono il portello posteriore, due cani pastore vengono liberati dalle loro gabbie e scandagliano con loro una casa tinteggiata di bianco. I cani annusano. Letizia riprende la scena con la sua telecamera. Pino, che è spuntato dal nulla, osa avvicinarsi un po’ di più.

Tra poco meno di due ore, durante la sua trasmissione, commenterà le immagini. Farà i nomi e spiegherà che il traffico di droga oltre alle estorsioni è una delle principali risorse della mafia. Pino, ex imprenditore fallito, non si definisce un giornalista professionista. “Il mio lavoro per me è una missione, non un attività commerciale”, ha detto in macchina sulla strada verso l’emittente. La missione si chiama: Addio Cosa Nostra.

Ma sono ancora pochi in Italia, anche tra i giornalisti, ad avere il coraggio di attaccare pubblicamente la mafia. Quelli che lo fanno vengono esaltati, come eroi da vivi, come martiri da morti. Pino non riesce più a contare i premi ricevuti per il giornalismo indipendente. Solo questo mese ha ricevuto due riconoscimenti.

Ma per la lotta antimafia occorre ben più di un paio di temerari. “Lo Stato fa troppo poca pressione perché è esso stesso, in parte, invischiato con Cosa Nostra”. In Italia emergono continuamente coinvolgimenti tra politica e mafia. In cambio di voti i politici assicurano ai mafiosi l’assistenza legale in tribunale: una situazione vantaggiosa per tutti. Proprio in questi giorni Raffaele Lombardo, nientemeno che il Presidente della Regione Sicilia, viene interrogato per presunti legami con un boss mafioso.

Un’auto incendiata e lettere minatorie

“Tuttavia, anche le fiammelle possono accendere un fuoco”, dice Pino. Non vuole abituarsi e non si abituerà mai a questo governo corrotto, seguita a raccontare mentre si avverte la rabbia crescere in lui. Pino estrae la sua sigaretta e gira la rotellina dell’accendino. “I mafiosi sono pezzi di merda!” [in italiano nel testo N.d.T.] Parole tanto chiare non restano senza conseguenze. Una macchina dell’emittente televisiva è già stata incendiata, il rampollo di un boss della mafia ha cercato di strangolare Pino, lettere minatorie arrivano ogni giorno. Finora si sono limitati all’intimidazione. “Certo che ho paura, soprattutto per la mia famiglia”, dice Pino. “Questa è anche una cosa buona, perché la paura rende più cauti.” Ciononostante cerca di rinunciare alla protezione della polizia il più spesso possibile. Una contraddizione? “Chi si presenta dappertutto con i carabinieri al suo fianco, si rende più vulnerabile”, dice. E perde informatori. Nessuno gli confiderebbe più notizie interessanti se la polizia fosse vicina e ascoltasse.

Il fatto che Pino sia vivo non ha a che vedere con la protezione dei Carabinieri. Anche il servizio di cronaca su Telejato finora ha fatto da garanzia perché non si andasse oltre le minacce. Perché l’attenzione dei media lo ha consentito, come ha potuto. Tanto più da quando la mafia ha imparato che ogni giudice o giornalista morto nella lotta antimafia la riaccende. La mafia vuole una solo cosa: condurre i suoi affari in tranquillità. Una tranquillità che Pino disturba ogni giorno. “So su quale linea sottile mi muovo qui”, dice mentre guarda rapidamente dalla parte opposta. Resterà l’unico momento in cui si avverte la sua ansia.

Nello studio televisivo, un appartamento di tre stanze riadattato, Letizia sta montando gli ultimi servizi. Ora bisogna fare in fretta, l’atmosfera è tesa. Poi alle 14:20 si da inizio alle trasmissioni, passa il jingle di Telejato Notizie. “Silenzio!” Pino Maniaci si schiarisce la voce, china lievemente il capo in avanti e, attraverso le lenti degli occhiali, guarda dritto la telecamera davanti a sé.

[Articolo originale ""Die Mafia ist ein Stück Scheisse!"" di Emilia Smechowski]

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