sabato 8 maggio 2010

Le poste italiane? Più che un servizio un business delle banche. Il festival del conflitto di interessi


Pubblicato da Enne di Effe 28 aprile 2010
“La legge 27 maggio 1875, n. 2779, proposta dall’allora Ministro delle Finanze Quintino Sella, dispose la creazione di una Cassa di risparmio postale centrale, posta sotto la garanzia dello Stato e ricompresa nella Cassa depositi e prestiti, su esempio di quanto era già avvenuto in Inghilterra nel 1861.
Ciò rese possibile una raccolta capillare del risparmio; al singolo risparmiatore veniva riconosciuta una remunerazione indipendente dalla consistenza delle somme depositate con la garanzia, da parte dello Stato, del rimborso a vista del titolo.

Costituita inizialmente dai soli libretti di risparmio postale, la raccolta fu in seguito integrata dai buoni postali di risparmio nominativi, introdotti dal Regio decreto-legge 26 dicembre 1924, n. 2106, con cui se ne autorizzava l’emissione da parte dell’allora Ministero delle finanze e se ne affidava il collocamento e la gestione dei fondi raccolti, rispettivamente, all’Amministrazione delle Poste ed alla Cassa depositi e prestiti.

Successivamente, all’approvazione del Codice postale e delle telecomunicazioni (Regio decreto 27 febbraio 1936, n. 645) furono ridisegnati i rapporti fra l’Amministrazione postale e la Cassa depositi e prestiti acquisendo, la prima, il ruolo di sportello di raccolta – come già previsto per il servizio dei libretti – e, la seconda, il ruolo di soggetto emittente.”

Con la trasformazione in Spa, iniziata nel 1983 e conclusasi il 12 dicembre 2003, “entrano a far parte della compagine azionaria di CDP le Fondazioni di origine bancaria, con una quota del 30%. Il Ministero dell’Economia e delle Finanze (MEF) resta l’azionista principale di Cassa, con il 70% del capitale.”

“Le tre agenzie di rating internazionali, Fitch, Moody’s e Standard and Poor’s, assegnano a CDP lo stesso rating della Republic of Italy”.

Le sue principali – apparenti – missioni sono quella di finanziare gli investimenti del settore pubblico (Stato, Regioni, Province e Comuni) e di altri enti pubblici attraverso l’emissione di buoni fruttiferi del Tesoro e di libretti del Risparmio che “godono della garanzia diretta dello Stato alla stessa stregua di Bot CCT e Btp”. La raccolta postale, serve ad attività di gestione di fondi agevolati per le Imprese e degli interventi per le PMI, a finanziare infrastrutture e operazioni a sostegno dell’economia anche con imprese private a patto che siano promosse da soggetti pubblici, di interesse generale, e blablabla.

CDP può anche effettuare raccolta ordinaria, non garantita dalla Stato con una separazione contabile tra gestione separata dello Stato e gestione ordinaria… conflitto di interessi?

CDP partecipa anche a fondi di private equity per infrastrutture nazionali e internazionali, – un esempio illuminante è il contestato aeroporto di Siena- social housing, partenariato pubblico e privato e la vendita del patrimonio immobiliare pubblico….

Le società del suo portafoglio azionario sono tra l’altro

il 10% dell’ENI

il 17,5% di Enel

il 35% di Poste

il 30% di (Terna Rete nazionale elettrica)

il 13,77 di Microelectronics NV

http://www.cassaddpp.it/cdp/Areagenerale/Chisiamo/index.htm

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Per riassumere, la Cassa Depositi e Prestiti che dovrebbe essere pubblica nella forma e nell’intento, e che lo è in Germania e Francia, da noi deve fare i conti con le fondazioni bancarie e con un presidente, Bassanini, che è anche membro – in conflitto flagrante di interessi nazionali – del “Comité de libération de la croissance de la France” e un Amministratore, Gotti Tedeschi, che è anche Presidente del Banco Santander e fondatore della filiale della Santander in Italia…

Il fatto che questi personaggi bancari, e che CDP, controllino anche il 35% delle Poste spiega la bancarizzazione pesante e capillare di quest’ultime.

Spiega anche come l’interesse generale sia svanito a vantaggio di progetti speculativi non voluti dalla popolazione – ma considerati redditizi oppure strumentali ad altri scopi di controllo del territorio dal sistema bancario – mentre per ripiantare gli alberi gli enti pubblici non hanno mai i soldi.

Logico se si pensa che tutto il settore bancario che conta – e Santander ne è uno, la Francia ne è un altro – sta mettendo i “semi” in banca, figurativamente e letteralmente parlando, con la banca dei semi nel nord della Norvegia, che faranno fruttare un giorno grazie a scarsità programmata e tanto di brevetti (banca semi PRO MONSANTO).

Capirete anche perché le imprese che dovrebbero ricevere crediti anche dalla CDP non ne vedono l’ombra, se il sistema bancario lavora per la grande distribuzione è impossibile che sostenga le PMI e i piccoli commercianti – visti solo come fastidiosi concorrenti. Il Made in Italy, poi, era doveroso svalutarlo per comprarlo meglio – missione compiuta, tutte quelle poche imprese italiane rimaste, rischiano di fallire e le altre sono state acquistate dalla finanza internazionale con sede in paesi del nord mentre hanno dislocato la produzione in paesi del sud-est provocando una doppia perdita per noi, anzi tripla: di lavoro, di introiti e di prodotti sul mercato…

Per dire anche che il poco “pubblico” che rimane in società di interesse nazionale come TERNA, POSTE, ENEL ed ENI, è inficiato da una pecca di logica e da una commistione del tutto innaturale tra quello che dovrebbe essere l’interesse pubblico e quello che è l’interesse bancario.

Oggi a Ballarò abbiamo visto di sfuggita, a proposito del federalismo fiscale, e della prima parte che dovrebbe essere il trasferimento del demanio che:

“Se lo Stato trasferisce agli enti locali i beni demaniali, allora lo Stato si svaluterà sul mercato”.

In particolare se gli enti pubblici, vendono, come fanno, per battere cassa, mentre il demanio sarebbe, per definizione giuridica latina, non cedibile, allora lo Stato si svaluta sul mercato…

Si perché siamo quotati in borsa come sistema paese, alla borsa dei titoli di stato per ottenere la liquidità. Siamo così alla mercé di un oligopolio di dementi con la dipendenza del gioco, e non solo…

Oramai anche nei media più censurati le verità stanno venendo a galla come le merde galleggianti – non se ne può fare a meno, se ci sono ci sono: la merda è che il patrimonio del paese serve da garanzia al debito pubblico fraudolento. E chi dice patrimonio dice coste, colline, paesaggi, colosseo, acqua, borghi e centri storici (cfr. http://www.stampalibera.com/?p=11791).

Oggi le agenzie di rating hanno declassato i titoli della Grecia a titoli spazzatura, mentre si parla già di un possibile default di Portogallo e di Irlanda. Ma di Italia non si parla ancora: certo, pur avendo il debito più alto d’Europa, non siamo ancora dichiarati falliti. Proprio grazie al nostro patrimonio nazionale, i nostri creditori possono ancora tirare la corda per impiccarci, c’è ancora gioco, in modo proporzionale al valore del patrimonio più gli interessi. E il nostro patrimonio, per quanto possa essere speculativamente svalutato, ha un valore inestimabile – a quanto possono essere monetizzati il Colosseo, o Santa Margherita??? Ma il sistema monetizza lo stesso per rastrellare, il tangibile e l’intangibile.

Perché monetizzare qualcosa come uno Stato non ha né più né meno il significato di saccheggiare/razziare. E questa monetizzazione è possibile grazie alla commistione tra pubblico e privato in quella operazione fondamentale per il funzionamento della società che è l’emissione monetaria. Se la si mette nelle mani degli usurai privati come si fa con lo scambio titoli-moneta, è come metterci la corda al cappio supplicando o facendo finta di credere che chi tiene la corda non ne approfitterà per minacciarci, ricattarci, influenzarci.

Per fare ciò, i barbari hanno bisogno di complici sul posto e di un “sistema”… Con la svendita del demanio e la “valorizzazione del patrimonio immobiliare”, il Tesoro e CDP hanno già iniziato…

N. Forcheri

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