sabato 8 maggio 2010

Il traffico di rifiuti tossici si propaga in tutta l’Italia


Pubblicato martedì 16 febbraio 2010 in Francia da Le Monde 

A quel prezzo : 150 euro la tonnellata per far sparire i rifiuti tossici, la società Agrideco, con sede principale a Grosseto, era molto concorrenziale. Una ventina di grandi imprese, tra cui il gigante dei beni di consumo Procter&Gamble e le metallurgiche Lucchini e Marcegaglia, non hanno provato a capire. È esattamente quello di cui li accusano i magistrati specializzati in reati contro l’ambiente del della procura di Grosseto.
In Europa un trasferimento su cinque sarebbe illegale.
Ogni anno, l’Unione Europea (UE) produce 2.6 miliardi di tonnellate di rifiuti, di cui 90 milioni di rifiuti pericolosi. Per la Commissione di Bruxelles, lo smaltimento illegale è una pratica diffusa.
I movimenti transfrontalieri dei rifiuti pericolosi sono regolati dal 1992 dalla convenzione di Basilea. Alcune ispezioni e controlli hanno permesso di determinare che, nell’UE, il 19% dei trasferimenti di rifiuti sarebbe illegale.
Tutto inizia il 26 giugno 2008 con la morte accidentale di un operaio rumeno dell’Agrideco mentre manipolava una bombola di gas. Scoppia l’incendio, che durerà più di una settimana. Gli inquirenti s’interessano alla natura dei rifiuti manipolati in loco dall’operaio e scoprono che questi sono in parte pericolosi mentre l’azienda non dispone dell’autorizzazione per trattarli.
Un anno e mezzo più tardi, martedì 9 febbraio, i carabinieri hanno proceduto a sei arresti. Altre nove persone sono state poste agli arresti domiciliari e 46 sono oggetto di un’indagine per falso, utilizzo del falso e associazione a delinquere. Tra queste figura Steno Marcegaglia, proprietario dell’omonima azienda e padre di Emma, attuale presidente di Confindustria. L’Agrideco, di cui 5 dirigenti sono sotto inchiesta, avrebbe smaltito un milione di tonnellate di rifiuti industriali contaminati contenenti mercurio, delle bombole di gas e terra inquinata da carburanti in semplici discariche in Toscana, Emilia e nel Trentino. Questo grazie a false certificazioni ottenute da laboratori accondiscendenti.
Le aziende coinvolte negano di essere state a conoscenza di tale traffico. Gli inquirenti si stupiscono, ch’esse abbiano accettato senza batter ciglio di far trattare i loro rifiuti pericolosi ad un prezzo più vicino ai 30 euro la tonnellata richiesto per eliminare i rifiuti non tossici, che ai 500 euro a tonnellata per le scorie contaminate. “I nostri dirigenti sapranno dimostrare che non sono implicati”, dichiara un portavoce di Marcegaglia.
Questo evento si aggiunge alla lunga lista dei reati constatati in quest’ambito in Italia. L’associazione ecologista Legambiente, che dal 1994 pubblica un rapporto sui tali traffici, stima che nel 2009 circa un terzo dei rifiuti non domestici sono scomparsi senza lasciare traccia. Secondo Legambiente esiste una forte probabilità che si tratti di rifiuti pericolosi. Un mucchio di immondizia, che si smaltisce nelle cave, nei campi o finisce mischiata al cemento o alla terra che serve da zoccolo alle infrastrutture stradali, costituirebbe una montagna di 3100 metri di altezza su una base di 3 ettari. Il fatturato di tale traffico ampiamente gestito dalla mafia ammonterebbe a 7 miliardi di euro. Limitato dapprima alle regioni del Sud (Sicilia, Calabri, Campania, Puglia), l’occultamento illegale dei rifiuti tossici tocca ormai tutta la Penisola. Dal 2001 al 2008, 121 inchieste sono state condotte su 560 imprese. Esse hanno condotto a 800 condanne in 19 regioni su 20.
“L’Italia è sia fortunata che sfortunata”, dichiara Stefano Ciafani, direttore scientifico di Legambiente. “Fortunata, perché il fenomeno è ormai molto conosciuto ed è diventato oggetto dell’attenzione di tutti gli ingranaggi dello Stato, dal Parlamento ai Servizi Segreti, passando per la magistratura. Sfortunata, perché, malgrado gli sforzi di tutti, il fenomeno si è esteso.
Le associazioni ecologiste italiane, che spesso si costituiscono parte civile nei processi in cui sono imputati i trafficanti, rimpiangono che la legge non permetta di punire con la stessa severità tutti gli anelli di questa catena fraudolenta.
Secondo le associazioni, il reato sui traffici di rifiuti, introdotto nel codice penale nel 2001, è troppo limitato. “Allargando il quadro del reato, l’azione dello Stato sarebbe più efficace”, spiega M.Cifani. Quest’ultimo teme anche che la riforma delle intercettazioni telefoniche in discussione al Parlamento, avente per oggetto la limitazione del loro utilizzo ai casi di associazione mafiosa e di terrorismo, annientino gli sforzi dei carabinieri e dei magistrati. “Se questa legge passa, i trafficanti di rifiuti non rischieranno più nulla”.

[Articolo originale "Le trafic de déchets toxiques gagne toute l'Italie " di Philippe Ridet]

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